#iorestoacasa diario di una pandemia giorno 20

unnamedOggi sono venti giorni che sono chiuso a casa. Insieme a me tutta la mia famiglia. Poche uscite per la spesa, qualche cosa improrogabile per il lavoro, il cane. Queste le uniche evasioni. Daniela, Andrea e Filippo sono stati più bravi di me in questo periodo. Oggi sono passati parecchi corrieri a casa. Stanno diventando una simpatica interruzione della monotonia quotidiana. Con il fatto che lasciano le cose di sotto sembrano i paperboy americani. Quei ragazzi che, spesso in bici, lanciano i quotidiani nelle case, con una mira da cecchino, centrano gli zerbini delle case. Oramai i nostri corrieri passano, suonano e ti lasciano le cose in giardino, o sotto il condominio. I corrieri sono una parte degli eroi che, questi giorni, stanno facendo un lavoro oscuro ma fondamentale. Senza di loro le merci, i nostri  ordini on-line non ci sarebbero stati. Se avessero tolto anche quello, la nostra tenuta psicologica sarebbe crollata molto più giù. Sapere che se ci occorre qualcosa, c’è qualcuno che te la consegna, ci ha fatto passare questi giorni con maggiore serenità. Ovviamente questa categoria di lavoratori, si aggiunge a tutte le altre che hanno contribuito a darci un minimo di conforto in questo momento così strano, così difficile. Per quanto riguarda i contagi invece, anche oggi i dati sono stati buoni, non buoni come ieri, ma soddisfacenti. Questo mi fa ben sperare. Dobbiamo tenere duro, ma la strada è quella giusta. La novità di oggi è che possiamo far uscire i bambini per una passeggiata intorno a casa. Sembra poca cosa, invece è una grande conquista per chi come Andrea, (5 anni quasi) è un mese, circa, che non vede i suoi coetanei. Qualche passo intorno a casa non può che fargli bene. Domani, se riesco, ce ne andiamo qui intorno a passeggiare. Portiamo il cane e raccogliamo qualche fiore. Lei adora raccogliere i fiori. E’ primavera e inizia ad esserci il bel tempo,  ogni bambino ha diritto ad una passeggiata per mettere il naso fuori da casa. Ogni pediatra avrebbe condannato un comportamento simile. Un genitore che tiene un figlio un mese dentro casa. Roba da togliere la patria podestà. Invece siamo costretti a combattere questa: “maledetta influenza”, come dice Andrea, con dei comportamenti che, normalmente, sarebbero sbagliati. Con dei comportamenti che comprometterebbero seriamente la salute psicologica dei nostri ragazzi. La nostra prudenza ci ha fatto acquistare un mese di vantaggio rispetto al mondo. Come noi, prima di noi, la Cina. In barba a chi guardava l’Italia come disordinata e esagerata, ora possiamo vedere il male da in cima alla montagna. La scalata è stata dura ma siamo in cima, o quasi, dobbiamo solo scendere. Dobbiamo avere prudenza, ma possiamo scendere. Gli Stati Uniti sono un mese indietro con il contagio, ma con dei dati decisamente più allarmanti. Così come Spagna, Germania e Francia. L’unica nota da sottolineare è che i tedeschi non muoiono da COVID-19. Hanno dei numeri, se possibili anche peggiori dei nostri, ma non muoiono. Secondo loro tutto il mondo dovrebbe bersi questa cretinata. Secondo loro: gli Spagnoli, gli Italiani, i Cinesi, gli Americani, possono morire di Corona-virus, loro no. Che strana gente i tedeschi.

#iorestoacasa diario di una pandemia giorno 16

unnamedIeri ho messo insieme un pò di numeri relativi al contagio in Italia. Con le poche conoscenze che ho mi sembra che qui non ci siamo proprio. La tendenza rimane alta e abbiamo un tasso di mortalità alto, supera il 10%. I casi di positività hanno ripreso a salire e, dopo due tre giorni in cui ci avevano fatto ben sperare, la linea ha ricominciato ad impennarsi. I guariti sono appena sotto il 13%, ancora pochi. I numeri ci dicono che chi guarisce e chi muore sono più o meno gli stessi. Iniziano i casi di giovani che non ce la fanno, continuano a morire gli anziani. Questo è il quadro, non proprio incoraggiante da noi. Nel mondo invece cosa succede? Gli Stati Uniti passano in testa come numero di contagi e li la situazione sarà veramente drammatica. Non hanno una sanità per tutti e la gente morirà e se non morirà contagerà altre persone. All’interno hanno delle bombe sociali pronte ad esplodere. Secondo me non ne usciranno a breve e non ne usciranno bene. La Spagna è in ginocchio. Anche se i numeri sono più bassi dei nostri, la situazione è già al collasso. Francia e Germania continuano a comportarsi da superiori, non dando numeri attendibili. Come se a loro non riguardasse. In Germania, per esempio, non muoiono da COVID-19. Forse reputano un affronto alla razza ariana morire contagiati. La Francia pensa di risolvere il problema a casa sua, continuando, come se fossimo nel medioevo, a non comunicare con il resto d’Europa. La Gran Bretagna è passata dall’immunità di gregge a stanziare miliardi di sterline per sostenere l’economia e la sanità. Forse ora abbiamo tutti coscienza che il problema è globale. Forse ora abbiamo tutti chiaro che non si ripartirà a breve. Forse ora abbiamo tutti chiaro che l’economia, se andrà bene, dovrà ricevere ossigeno fino a dicembre. Si, andrà messa in terapia intensiva anche la nostra economia. Avrà bisogno di tanto ossigeno perchè da sola non ce la farà a respirare a riprendersi. Dovremo rivedere, quanto meno a breve le nostre abitudini negli spostamenti, nei viaggi, nei contatti con le persone che conosciamo. E questo contribuirà a rallentare le economie globali. La propensione alla spesa e al consumo precipiterà e, anche per mancanza di liquidità, la gente spenderà di meno. Dovremo lottare per riprenderci la nostra libertà. Forse solo ora abbiamo veramente capito l’importanza della vita, del mondo che ci ospita e delle persone che abbiamo vicino. A volte non tutti i mali vengono per nuocere, sta solo a noi prenderci ciò che di buono queste situazioni ci lasciano.

#iorestoacasa diario di una pandemia giorno 6

unnamedLa giornata di oggi è trascorsa lavorando e studiando un progetto nuovo. Il momento d’aria l’ho avuto facendo una piccola spesa dal fruttivendolo, sono riuscito a ritagliarmi anche un pò di tempo per la palestra. Oggi però mi è andato un occhio ad uno schema pubblicato dai mass media. Una file excel nel quale vengono riportati i dati del contagio nel mondo. Dalla tabella emerge, soffermandoci sui nuovi contagi e tralasciando gli altri dati, che l’Italia è il paese – AL MONDO – con il maggior numero di nuovi contagi. Ora, io capisco non voler diffondere le notizie, ma, Cina a parte, mi sembra evidente che gli altri paesi, “imbrogliano”. Ieri il sindaco di New York ha dichiarato che, nella sua città, stima almeno 30.000 contagiati a ieri. Nella tabella leggo solo 428 nuovi casi. Nel Regno Unito, la patria dell’immunità da gregge, solo 152 nuovi casi. In Francia, nessun nuovo caso. Come cittadino dei due paesi anglosassoni mi sentirei poco tutelato. Stanno affrontando la situazione, da un lato con molta leggerezza, dall’altro insabbiando ogni notizia sull’argomento. Ci possono essere lo stesso numero di contagiati in Olanda e negli Stati Uniti? E’ anche vero che un tampone negli USA costa $ 3.200,00 dollari al cittadino. Da noi è interamente a carico del SSN e vengono anche a casa a farlo. Nel Regno Unito un tampone costa 1.500,00 Sterline. Noi in Italia abbiamo medici competenti e strutture, probabilmente non all’avanguardia, ma sicuramente accessibili a tutti. Sicuramente un punto a nostro favore. La nostra sanità pubblica: brutta, sporca e cattiva, sta dando lezioni di stile e professionalità, al mondo. Non ho ancora letto nel dettaglio il DL di oggi che dovrebbe essere quello a supporto della nostra economia sul lato delle famiglie e delle aziende. Certamente ci saranno chiesti dei sacrifici. Ma preferisco di gran lunga vivere in un luogo in cui vengono tutelati i propri cittadini, anche con misure restrittive come quelle che stiamo subendo, piuttosto che vivere in un posto che per non danneggiare PIL o indici di borsa, se ne fregano della salute dei cittadini.90304798_2771328192932403_376776693236367360_o

Questo disastro mi sta facendo diventare più italiano di quanto ero prima e, forse, meno europeo. Europa che ci sta lasciando soli, mai come ora. Ho acquistato, su Amazon, una bandiera italiana che appenderò, appena arriva, al balcone. Dobbiamo tenere duro. Notizia di oggi, Apple ha chiuso i suoi store in tutto il mondo, li ha riaperti solo in Cina. Sono partiti prima di noi, stanno uscendo con impegno e regole dalla crisi. Secondo me è l’unica strada da percorrere.

Viviamo in un posto fantastico e, come dico da giorni, siamo fortunati.

Kobe Bryant 23.08.1978 – 26.01.2020

la-sp-kobe-bryant-frustration-20130413-001Qualcuno disse: “gli uomini muoiono, le leggende vivranno per sempre”. Kobe Bryant per me, ma non solo per me, era uno di quegli uomini che, almeno apparentemente ha fatto sempre la cosa giusta al momento giusto. Cresciuto in Italia, il papà era un apprezzato giocatore di basket, è poi volato otre oceano per fare il college. Giocatore dominante dei Los Angeles Lakers, i miei Lakers, insieme a Shaquille O’Neill. Ha vinto 5 volte il campionato NBA e per due volte è stato MVP delle finals e una volta MVP della regular season. Il suo soprannome era Black Mamba. Mai nessun soprannome è stato così azzeccato. Era letale in campo secondo, per me, solo a Michael Jordan. Un esempio per chi ha mai messo piede in un campo da Basket. Non riesco a darmi pace. Morire così, a 41 anni lasciando moglie e figli rimanendo vittima di un incidente in elicottero. Ad aggravare la situazione, come se non bastasse, questa brutta vicenda si è portata via anche la figlia di soli 13 anni. Sono senza parole. Solo stamattina Lebron James aveva ricevuto i suoi complimenti per essere stato superato dal 23 dei Lakers nella classifica dei marcatori di tutti i tempi. Che la terra ti sia lieve Kobe, rimarrai sempre nei nostri cuori, le leggende non muoiono mai.

Il problema di Apple.

Giorni fa, mi sono imbattuto in questa statistica, che mi ha passato un mio caro Amico. Una statistica molto interessante che però mi ha lasciato con non poche perplessità. Mi ronza in mente d’allora questo diagramma nel quale vengono evidenziati i ricavi per settore produttivo, della casa di Cupertino.

Non sapevo, mea culpa, che una delle aziende tecnologiche con maggior capitalizzazione in borsa del mondo; l’Azienda che adoro per design e tecnologia; l’Azienda di Steve Jobs, che l’ha rilanciata con idee innovative come l’iMac e l’iPod, genera il 62% dei propri ricavi sull’iPhone. Apparecchio fantastico, per carità, non potrei vivere senza, ma a me sembra un tantino sbilanciata. Un’azienda che fonda il suo successo e quello del suo fondatore sulle idee innovative, poggia la sua solidità economica su un solo prodotto. Dove sono finiti i cantieri innovativi, la vision, la responsabilità di lavorare in Apple che Jobs sentiva fortissima. Oltre al mio iPhone, possiedo un Macbook, la AppleTV, l’Apple Watch e la loro integrazione è fantastica. Ma è da un pò che in questa azienda non vedo più la spinta propulsiva delle idee che, insieme al design fantastico, lo hanno reso il brand tecnologico migliore del mondo. Altro spunto di riflessione è stato questo articolo, molto simpatico, che mi ha fatto ulteriormente riflettere: “So di contribuire al problema di Apple….” https://it.businessinsider.com/ecco-perche-non-faro-lupgrade-del-mio-iphone-7/

Questo giornalista ha descritto, tenendo a mente costi e prestazioni, il motivo per cui non passerà da un funzionantissimo iPhone 7 a uno più recente. La domanda è ma se il mercato fosse saturo? Ma non saturo di tecnologia, saturo di upgrade. Ossia dopo una prima ondata dove bisognare avere il prodotto appena uscito, magari sobbarcandosi anche delle file epiche fuori gli Apple store, si passasse ad un più giusto utilizzo del device, prendendo in considerazione che, in fondo, è solo un telefono? Un vecchissima pubblicità recitava: “…meditate gente...”. La mia idea è che, consapevolmente o no, Apple, ma più in generale tutto il mercato, si trova dinnanzi ad un bivio epocale: continuare a fare profitti appoggiandosi sull’adagio: “…finchè la barca va…”; oppure ritrovare quello spirito innovatore che ha reso Apple l’azienda che ha creato e lasciato Steve Jobs? Io la risposta me la sono già data, ma di Steve Jobs non ne nascono tutti i secoli…

Amazon Dash, il fascino del pericolo.

Adoro la tecnologia e tutto quanto applicato ad essa. Mi piace l’idea che posso gestire la mia casa anche quando sono in ufficio, o in viaggio. Trovare casa calda perché ho potuto accendere i termosifoni grazie allo smartphone, è fantastico; oppure controllare la telecamera della tua casa, mentre sei in vacanza, è una cosa che mi rende orgoglioso di utilizzare la tecnologia. Non cito poi in tutto quello che la tecnologia ha modificato, creato, rigenerato, nell’ambito della comunicazione: i social network, WhatsApp. Ma a vamazon-dash-sbarca-in-italia-un-solo-pulsante-per-gli-acquisti-onlineolte la tecnologia m’incute terrore. Terrore dettato dal fatto che la conseguenza del cambiamento di alcune nostre abitudini, può avere delle ripercussioni disastrose sull’economia e, di conseguenza, sulle persone. Il prossimo 15 di novembre Amazon, il più grande store del mondo, farà sbarcare, anche in Italia, i suoi Amazon Buttons. Molto sinteticamente un bottone che, appena premuto, invia un ordine, direttamente ad Amazon, di prodotti di uso frequente come: pannolini, pasta, ricambi per rasoi, caffè, carta igienica e quant’altro. Il meccanismo è semplicissimo e, per altro, ben spiegato nel video promozionale. Quando sta finendo la carta igienica, basta premere il bottoncino, posto in una posizione strategica e, dopo uno o due giorni, la carta igienica è fuori la porta della nostra casa. Basta pre-impostare il quantitativo che si vuole, e il gioco è fatto. A me che sono un pigro la cosa piace tantissimo, ma ho pensato poi a quale impatto sul tessuto economico questa novità avrà. Anche nel breve. Potenzialmente, nel giro di poco Amazon riuscirà ad entrare anche nel mercato della spesa quotidiana, basando il suo successo, come già avvenuto in altre occasioni, su due componenti fondamentali: la convenienza e la comodità. La convenienza perché, mediamente, su Amazon le cose costano meno, a volte molto meno. La comodità perché fare la spesa senza sforzi e senza fatica piace oggettivamente a tutti. Sono già tre anni che compro i libri di scuola di Filippo su Amazon, e il risultato è che spendo meno e senza stress.

Penso però all’alimentari o al supermercato sotto casa che, nel giro di poco, vedrà eroso il suo fatturato in fasce merceologiche specifiche e magari anche per loro remunerative. Penso ai posti di lavoro che svaniranno. Poi però penso che questo è il progresso, questo è il futuro. I mercati, l’economia, si adattano sempre alle mutazioni, ma certamente ci sarà sul terreno qualche vittima. Qualche commerciante che non riuscirà a, come si dice, “tenere botta”. Qualche parola, infine, sul filmato che promuove questa novità va detta. La visione che lo stesso da è d’intimità, tutto si svolge dentro una casa, ma anche di fretta, tutto è scandito da una sveglia e dalle mille cose da fare che ognuno di noi ha. Ci sono poi i prodotti, che pian piano escono fuori, compresi i brand-partner, e poi, grazie ad un tasto premuto, tutto diventa più facile. La frenesia della vita è risolta da Amazon grazie al suoi buttons. Negli USA lo stesso formato di spot è stato proposto da Amazon per la sua linea Amazon-Fresh. Un’evoluzione dei bottons. Ossia il mercato di riferimento sono i prodotti freschi consegnati davanti casa. Il filmato di seguito è chiarificatore.

Il progresso può sempre essere visto da più punti di vista. In questo caso il miglioramento della qualità della vita delle persone: poter dedicare il tempo che oggi dedichiamo alla spesa per fare altro. Magari qualche cosa di migliore. Ma un altro punto di vista è l’impatto che questo genera sulle abitudini di acquisto di ognuno di noi. Io, ad esempio, acquisto regolarmente musica su Amazon, ma ogni volta che trovo un negozio di dischi, mi c’infilo dentro e la sensazione bellissima di sfogliare i vinili o i CD è impagabile. In quel preciso istante, mentre questa sensazione s’impossessa di me, mi sento responsabile per aver concorso alla distruzione di un’intera tipologia di negozi: quelli di dischi.

Elezioni presidenziali USA 2016.

imagesE’ un segno, è la riprova che chi governa deve porre attenzione a quello che fa, perché poi il popolo ha sempre la possibilità di scegliere. Personalmente non sono innamorato di nessuno dei due candidati. La Clinton è figlia di un sistema che difficilmente può sfondare anche in un mondo pieno di contraddizioni come quello Americano. Moglie di un ex presidente, tra l’altro molto chiacchierato, ex segretario di stato, insomma una donna che fa parte del sistema: esperta e smaliziata, ma una donna. Gli Stati Uniti avevano la possibilità, per la prima volta, di votare una donna come presidente. Obama, a mio modo di vedere, è stato un buon Presidente. Un uomo che, tra mille difficoltà, ha fatto quello che aveva promesso. Ha certamente commesso qualche errore, forse troppi, ma certamente è stato un buon presidente. Non dimentichiamoci che , per molto tempo, ha governato essendo in minoranza al Senato. Dall’altra parte Trump, un uomo che io reputo semplicemente impresentabile. Un uomo che nella sua vita non ha fatto praticamente nulla se non sperperare, e non moltiplicare, una ricchezza ereditata. Un uomo più famoso per le sue manie, le sue torri newyorkesi, le sue mogli, che per quello che ha realmente fatto. Un uomo che ha fatto del sessismo uno stile di vita. Un uomo, che ha costretto il suo staff a togliergli l’accesso al suo profilo Twitter, ma che ora avrà in mano, molto probabilmente, i codici per il lancio dei missili nucleari. Un uomo che ha fatto contro la lotta estrema all’immigrazione un vanto e un punto forte del suo programma. Immigrazione che oggi, tra mille problemi, è comunque un patrimonio di quella fantastica nazione. Sono le 7.10, in Italia, del 9 novembre 2016, e se vincerà Trump, a mio avviso, non avrà vinto il candidato. Avrà vinto, di nuovo, la stanchezza del popolo contro chi governa; avrà vinto l’intolleranza contro l’immigrazione, avrà vinto, dopo tanto tempo, un ideale politico, quello della destra, contro quello della sinistra. Se i Repubblicani avessero candidato Paperino, con buona probabilità avrebbe comunque vinto. Gli Stati Uniti d’America pertanto, da domani quasi sicuramente, non avranno un Presidente a governarli, ma uno stile, un’idea nuova rispetto a ieri, diversa da quella di Obama e della Clinton. L’insegnamento che deve arrivare a noi, che deve arrivare in Italia, è che nulla è scontato. Mai pensare che basti un uomo (donna) forte al comando, o un candidato meglio dell’altro, la voglia di cambiamento di un popolo, può far arrivare alla casa bianca anche un fallito acclarato come Trump. Quello che personalmente archivio nella mia sezione: “insegnamenti di vita” è che niente, e sottolineo niente, deve darsi per scontato. La povera  Hillary, come si dice dalle mie parti, è entrata papa, ma è uscita cardinale.

Birdman, e i punti di vista familiari.

birdmanposterIeri sera siamo andati a vedere Birdman. Daniela, Filippo e io avevamo voglia di una serata al cinema e Birdman ci è sembrata la scelta giusta. Il film è surreale, innovativo, geniale e decisamente intelligente. La telecamera che riprende in continuo, tecnicamente: lungo piano sequenza. Una batteria a scandire il ritmo del film e che compone, quasi per intero, la colonna sonora del film. Aspetti tecnici che rendono il film unico e coraggioso. La trama è, apparentemente, molto semplice, quasi banale. Un attore che negli anni novanta ha un immenso successo interpretando unsupereroe: Birdman, è alle prese con una crisi esistenziale, che si manifesta in tutta la sua forza nella messa in scena di uno spettacolo teatrale di Broadway. Elaborato, ma evidente, il parallelismo tra l’attore, personaggio del film: Riggan Thomson e l’attore che lo interpreta: Micheal Keaton. Oltre alla carriera molto turbolenta di entrambi, un’altra analogia sta nel ruolo che li ha resi celebri: Birdman nel film, Batman nella realtà. Uomo uccello nel film, pipistrello nella realtà. Entrambi toccano l’apice della carriera nel 1992, anno in cui escono entrambi i film: quello di fantasia, e quello nella realtà. I successivi fallimenti, o comunque la controversa carriera di entrambi danno un tocco biografico al film. Senza entrare nel merito della trama, che prevederebbe di estendere la discussione: alla depressione, al visione della vita secondo con gli occhi della fantasia, al rapporto padre figlia,  alla disquisizione sulla differenza tra essere attori oppure una celebrità, mi è piaciuto molto il dibattito che si è, autonomamente, aperto mentre tornavamo a casa. Daniela ha subito colto l’analogia con Batman, cosa che, sinceramente ne io, ne Filippo avevamo colto; Filippo ha avuto una lettura del film molto incentrata sulla fantasia del personaggio, che riteneva di avere gli stessi superpoteri dell’uomo uccello. Ha anche paragonato questo personaggio a Walter Mitty, altro visionario personaggio che fa un viaggio incredibile alla caccia di un negativo fotografico, mentre la rivista per cui lavora, Life, sta per chiudere, o quasi. E’sempre affascinante analizzare come la mente delle persone si attiva. Lo stimolo può essere lo stesso, ma: il carattere, il vissuto, la sensibilità di ognuno di noi ci fa vedere la stessa cosa con delle prospettive totalmente diverse. Ieri il percorso dal cinema a casa è stato molto formativo. Un ragazzo di tredici anni che analizzava, con gli strumenti che la vita gli ha messo a disposizione sino ad oggi, un film. L’analisi è stata lucida e ammetto che lui ha notato delle cose che io non avevo notato, mentre non si è soffermato su dei punti che io invece avevo colto, ma solo perché la mente di un adulto è molto più deviata, corrotta. Daniela ha visto tutt’altro. Giusto anch’esso, ma tutt’altro. Ieri mi sono perso nel sentire quelle analisi è stato bello. Un attimo di affascinante banalità, ma che mi ha fatto capire tante piccole cose. Forse questo film ha proprio questo scopo. Dare ad ognuno di noi una visione sulle nostre fantasie, le nostre paure, nel capire che non è mai troppo tardi per recuperare un rapporto con un figlio, un genitore, nell’affrontare la vita liberandoci del superfluo e puntando solo all’essenza. Quanto corriamo, quanto ci affanniamo per ritrovarci, in alcuni momenti, a fare i conti con una vocina interna che ci ricorda quello che abbiamo sbagliato e quanto siamo provvisori. Un film con una fortissima carica psicologica messa su pellicola con estrema maestria. Tutti i premi che ha visto sono assolutamente meritati, e forse, dico forse, avrebbe potuto vincere Michael Keaton. Per alcune scene, e per il linguaggio molto poco schermato, non è adatto ad un pubblico giovanissimo. Se anche il cinema, in qualche modo, è un forma di arte, questo film si può riassumere come un trattato sulla psicologia applicata alla vita di oggi.

Lo sport è anche questo: il sogno di Lauren Hill.

Lauren_Hill_Indiana_Fever_1414850529424_9407534_ver1.0_640_480Bellissimo gesto, bellissima iniziativa. Lauren Hill è una ragazza malata di tumore al cervello, e, secondo i medici, morirà entro Natale. Il suo più grande sogno era quello di giocare una partita di basket nella Wnba, la NBA femminile. Non solo è riuscita a coronare questo sogno, ma ha anche segnato un canestro. L’affetto di tutto il pubblico, di tutte le sue compagne di squadra, sta commuovendo tutto il mondo. Nonostante la nausea derivante dai farmaci, il viso visibilmente gonfio, ha voluto lasciare a tutti un sorriso felice, prima dell’inevitabile. Sono sempre più convinto, come mi dice sempre il mio Socio/Amico Giancarlo “the President”, che: “le cose importanti sono altre”…sono queste”. Tutto il resto si risolve. Mi piace anche citare che, intorno a questa iniziativa, è stata organizzata una campagna legata ai social network, che ha fatto raccogliere oltre 40.000€, Questi soldi, sono stati devoluti alla ricerca. Il nome della campagna è: #1More4Lauren.

Ebola, paura immotivata?

ebola-mappa-contagio-oms_102503Tutti ci dicono di stare tranquilli, la situazione può essere controllata, ma nel frattempo stati sovrani, che reputo seri e moderni, prendono delle misure di prevenzione restrittive e che possono sembrare quasi razziste. Gli Stati Uniti varano un sistema di sicurezza e di controllo dello stato di salute delle persone che arrivano da da alcune parti dell’Africa; mentre l’Australia chiude, completamente, alla migrazione dagli stati Africani. Nel frattempo, sulle nostre coste sbarcano migliaia di migranti ogni giorno, e dal colore della pelle non mi sembrano Siriani. Nei nostri aeroporti arrivano persone da ogni stato, anche Africano, senza il minimo controllo sanitario. Il nostro ministero della Sanità indica nella mancanza di fondi, l’impossibiltà di strutturare una difesa sanitaria degna. E’ notizia di oggi che un generale, e dieci militari americani sono transitati nell’aeroporto militare di Pratica di Mare, direzione base Nato di Vicenza, di ritorno dalla Liberia, senza che nessuno li controllasse o li mettesse in quarantena. Quarantena che è poi scattata all’arrivo a destinazione. Se fossero atterrati in qualsiasi aeroporto americano, avrebbero avuto tutt’altro trattamento sanitario. Nel messaggio alla nazione, Obama ha dichiarato che: per evitare qualsiasi possibilità di contagio, o di pandemia, le uniche armi in mano alla scienza sono: la prevenzione, e l’attenzione massima verso quelle popolazioni o quei viaggiatori di ritorno da alcune zone a rischio. Ad oggi, più di 10.000 casi sono stati riscontrati in Africa, di cui oltre 5.000 sono culminati con decessi, mentre la mappa del contagio nel mondo è la seguente (dato al 15 ottobre fonte: Europa):

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Sembrano numeri rassicuranti, ma così non è. Immaginate che Duncan, il paziente zero di Dallas, colui che ha portato l’Ebola negli USA, nei giorni precedenti al manifestarsi della malattia, è entrato in contatto con centinaia di persone, che a loro volta potrebbero aver trasmesso esponenzialmente il contagio. La situazione secondo me è più grave di come ce la raccontano. Non era mai capitato che l’Ebola uscisse dai confini Africani. Non è mai capitato, negli ultimi cento anni, che una tale minaccia di pandemia si sia manifestata. Ebola è un virus moderno, partorito nelle foreste Africane, ma che viaggia in aereo. Le distanze si sono ridotte, e quello che prima poteva essere considerata una quarantena naturale, come i viaggi in una nave, o lo stazionare su un’isola (Ellis Island) per un periodo di tempo, oggi non è più concepibile, non è più attuabile. La mia idea, il mio incubo, è che siamo tutti esposti, siamo tutti a rischio contagio. L’unica speranza è che il vaccino, se è vero che esiste, sia realmente pronto, o quasi. Nel frattempo mi auguro vivamente che si prendano serie misure di prevenzione e, senza voler essere tacciato per razzista o altro, che si blocchi, da subito il flusso d’immigrazione verso l’Italia. L’Ebola non è un problema economico, non è un problema di religione o di razza, è un problema legato alla sicurezza nazionale, oserei dire mondiale. Per questo motivo va affrontato con fermezza e senza sovrastrutture di carattere razziale, ne da un lato ne dall’altro. Forse, in casi come questi, bisognerebbe esagerare un po’ con le precauzioni. Esagerare soprattutto in Italia.