L’Addio di Totti visto da uno juventino.

1691009-35818660-2560-1440E’ banale, ma se si è appassionati di uno sport ci si appassiona anche agli attori principali. Ieri si è chiuso un capitolo e mi sono ritrovato a commuovermi anche io vedendo quello stadio pieno; mi sono commosso anche io guardando quel ragazzo con gli occhi lucidi e la famiglia al seguito che salutava il suo pubblico; mi sono commosso anche io a sentire quelle parole cariche di sentimento, di passione, di pathos. Mi sono commosso all’ultima partita di Alessandro Del Piero, e mi sono commosso ieri per il saluto di Francesco Totti. Vedere quel ragazzone nato da una famiglia modesta, che ha coronato il sogno di una vita dire di: “avere paura”, si mi ha commosso. E’ stato un grande campione, che ha avuto l’enorme merito, o l’immensa debolezza, di giocare per 25 stagioni con la stessa squadra essendone, e diventandone, l’artefice principale sia dei successi, che degli insuccessi. Comunque la si vede, è stato sportivamente un gigante assoluto. Astuto e intelligente in campo; astuto e intelligente nella vita. E’ sempre riuscito a far fruttare al meglio, nel rettangolo di gioco, le proprie qualità e ad azzerare le proprie debolezze; la stessa cosa ha fatto nella vita. Mi racconta chi lo conosce di come sia un uomo impagabile; mi raccontano i suoi avversari che in campo non aveva il minimo fair play. Eroe per qualcuno, il contrario per qualcun’altro. Finito tutto il turbinio di emozioni però ho riflettuto su quanto invece questo ragazzo sia stato fortunato. E’ riuscito a massimizzare, forse, l’unica vera occasione che la vita gli ha fornito. E ora è un quarantunenne: ricco, bello e senza nessun problema apparente. Può godersi il resto della sua esistenza in assoluta tranquillità e serenità, godendosi famiglia e ricchezza. Continuerà a guadagnare una valanga di soldi, semplicemente firmando autografi, o partecipando a qualche trasmissione, oppure mettendo la propria immagine a disposizione per questo o quel brand sportivo. Ad un tratto mi è passata la commozione. Ho improvvisamente trovato strano vedere tutta quella gente che piangeva e si emozionava. Ho percepito chiaramente che la sua forza, la sua ricchezza, sono proprio le nostre emozioni. Sicuramente è un ragazzo che merita umanamente, come meritano altri campioni che ho visto congedarsi dai loro sport. Mi ricordo: Del Piero, Michael Jordan, Kobe Briant. Ma se li osservo ora, vedo solo i loro grandi gesti sportivi, non riesco ad emozionarmi per altro. Il tempo rende sempre la giusta dimensione delle cose. Forse fra qualche mese, o forse fra qualche settimana, quello che abbiamo provato per l’addio di colui che abbiamo reso noi una specie di divinità, ci farà sorridere. Un pò come quando vediamo un bel film e poi ci commuoviamo. A ripensarci dopo qualche tempo ci sentiamo un pò stupidi. Questo però non deve mettere in dubbio il fatto che Francesco Totti sia stato uno dei più grandi campioni di tutti i tempi. Ma a ripensarci un pò a mente fredda, sarebbe il caso che ci emozionassimo per cose per le quali valga veramente la pena. E’ vero, sono juventino, ma l’addio di un calciatore, anche il miglior calciatore, dovrebbe essere catalogato nelle cose “banali”, non decisamente tra quelle importanti nella nostra vita. E’ lecito emozionarsi, ma non è lui che deve avere paura. A lui il fato ha dato un’occasione che solo a pochi eletti è permessa. Noi possiamo avere paura, noi abitanti della vita di tutti i giorni. A noi solo deve essere concesso avere paura.

I numeri della Juventus.

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Lo sport è anche questo: il sogno di Lauren Hill.

Lauren_Hill_Indiana_Fever_1414850529424_9407534_ver1.0_640_480Bellissimo gesto, bellissima iniziativa. Lauren Hill è una ragazza malata di tumore al cervello, e, secondo i medici, morirà entro Natale. Il suo più grande sogno era quello di giocare una partita di basket nella Wnba, la NBA femminile. Non solo è riuscita a coronare questo sogno, ma ha anche segnato un canestro. L’affetto di tutto il pubblico, di tutte le sue compagne di squadra, sta commuovendo tutto il mondo. Nonostante la nausea derivante dai farmaci, il viso visibilmente gonfio, ha voluto lasciare a tutti un sorriso felice, prima dell’inevitabile. Sono sempre più convinto, come mi dice sempre il mio Socio/Amico Giancarlo “the President”, che: “le cose importanti sono altre”…sono queste”. Tutto il resto si risolve. Mi piace anche citare che, intorno a questa iniziativa, è stata organizzata una campagna legata ai social network, che ha fatto raccogliere oltre 40.000€, Questi soldi, sono stati devoluti alla ricerca. Il nome della campagna è: #1More4Lauren.

Osvaldo, un’altra scommessa.

Pablo OsvaldoPablo Osvaldo, classe 1986, carattere difficile e talento cristallino. Questa è la definizione che ne do, e che ne davo anche quando militava alla Roma. Prima dell’arrivo di Tevez e Llorente, era l’attaccante che mi sarebbe piaciuto avere alla Juventus. Ora è arrivato. E’ ovvio che ho mille dubbi in proposito. Nella Premier League non si è mai ambientato, e per un giocatore che vuole fare il mondiale brasiliano, non è certo il massimo. Di certo c’è che ha un pessimo carattere, e non è uno che unisce lo spogliatoio. A Roma, dopo un arrivo a suon di colpi di classe e goal, non ha lasciato il segno. I compagni, a poco a poco, lo hanno messo ai margini del gruppo, e lui è stato costretto ad andare via, con estrema gioia di chi ha aveva in mano la cassa dei giallo-rossi. Al Southampton, è stato subito etichettato come capriccioso ed irritabile e gli inglesi, rigidi, ed amanti della gerarchia, non lo hanno mai fatto sentire a proprio agio. Ora arriva a Torino, con una formula finanziaria che a me piace, soprattutto per uno con il suo “caratteraccio”: prestito con diritto di riscatto fissato. Da febbraio a giugno, l’attaccante italo-argentino, dovrà dimostrare un sacco di cose. La prima che è maturato: come uomo e come calciatore; la seconda che Prandelli non potrà fare a meno di lui; la terza, che può convivere in uno spogliatoio; e la quarta, ma questa vale soprattutto per se stesso, che può essere un giocatore determinante e sul quale una società possa fare degli investimenti di lungo periodo. Se manterrà queste promesse, a giugno, verrà certamente riscattato, ed avremo un altro talento puro a Torino. Reputo che la Juventus, ed: il suo ambiente, la sua società, il suo stile, possa essere d’aiuto a questo ragazzo, ed il talento di Osvaldo potrà essere di certo uno spunto in più per la Juve.

Il golf si tinge di bianco.

Golf e NeveDomenica 19 gennaio, sulle Alpi di Siusi, si terrà un torneo di golf su nove buche. Il torneo che è stato organizzato da dall’area vacanze Alpe di Siusi, si svolgerà ad oltre 2000 metri di altitudine e coniugherà la passione del golf a quella degli sci. Infatti da una buca all’altra i giocatori si sposteranno tramite: sci o snowboard. Un esperimento simpatico e originale, ma il golf, per me, rimane quello giocato sui prati verdi.

Juve Roma, un altro capitolo.

2014_01_05t211345z_928749216_gm1ea160egl01_rtrmadp_3_soccer_italy_57303_immagine_obigQuest’anno Juve Roma era attesa, se possibile, di più do ogni anno. La Roma arrivata dall’ottima partenza, con il record di vittorie consecutive, e forte del secondo posto, direi meritato. La Juve, dopo l’uscita dalla Champions League, motivata a non mollare nessun ulteriore obiettivo, e decisa ad incrementare la striscia di vittorie consecutive in campionato (nove prima di domenica). I presupposti c’erano tutti e, a mio modesto parere, la partita è stata all’altezza delle aspettative, almeno fino ai primi quindici minuti del secondo tempo. Le due squadre si sono affrontate alla pari, come da copione. Partita maschia, senza esclusione di colpi, ma la differenza, secondo me, l’hanno fatta due fattori: lo Juventus Stadium, e la fragilità mentale della Roma. Il primo, non da oggi, da una carica ai bianconeri difficilmente arginabile. In pochi hanno vinto in quello stadio, e con moltissima fatica. Sul secondo fattore c’è molto da lavorare. La forza psicologica arriva solo con la certezza e la consapevolezza delle proprie forze. Non è sempre colpa di qualcun altro se si perde. Si deve lavorare a testa bassa e provare, riuscire, a vincere. Anche nello sfottersi, i tifosi romanisti fanno sempre riferimento a “scuse” sul perché si perde, e non cercano mai di enfatizzare le enormi capacità che la propria squadra possiede. Un giorno l’arbitro, un altro il doping, un altro ancora gli aiutino. Questo secondo me è un limite mentale che si ripercuote, si trasferisce, sulla squadra, e quindi sui risultati. I tifosi non dovrebbero fornire alibi ai giocatori e alla società. Mai. Qui a Roma c’è sempre la moda di scaricare le responsabilità, e mai andare ad analizzare il problema alla radice. Ma questo è anche un male tutto italico. Ma tornando alla partita, al di la del risultato, bellissima serata di sport. Si sono battute due squadre forti e, forse, alla fine ha prevalso solo la migliore organizzazione globale. Nell’assenza totale delle Milanesi, è bello vedere: Roma e Napoli cercare di fronteggiare la Juventus. Ha il sapore antico di bellissime sfide.

L’importanza di chiamarsi Tiger

Immagine«I love to compete. That’s the essence of who I am»

Sono queste le parole che Eldrick “Tiger” Woods, celebre giocatore di golf statunitense, rilasciò in un’intervista del 2006, all’apice della sua carriera professionistica.

Parole che descrivono pienamente la natura di Woods e che si possono tranquillamente applicare anche a molti altri grandi atleti della storia, moderna e passata.

Questa voglia di competere e di dominare l’avversario, unita certamente al talento e ad una notevole predisposizione tecnica e fisica, è l’arma in più che distingue i grandi atleti dai quelli buoni.

Si badi bene che per queste persone la vittoria è paradossalmente tanto fondamentale quanto secondaria e non è che una diretta conseguenza di questo modo di pensare.

È interessante prendere ad esempio l’ultima delle tante dimostrazioni di potere che negli anni hanno visto protagonista proprio Tiger Woods.

Domenica 24 marzo, Arnold Palmer Invitational, importante torneo del circuito PGA, che vede…

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Tevez, questo sconosciuto.

Presentazione di TevezLo confesso, non so chi caspita sia Carlos TEVEZ. Lo conosco di nome, so dove giocava, ma dire che potrà dare quella marcia in più all’attacco della Juve, non sono in grado di dirlo. Certamente sarà un fuori classe di primo livello, per giocare nel City di Mancini. Ho letto che è il classico sudamericano tutto genio e sregolatezza. Forse potrà apportare quella spinta offensiva che farà brillare la Juventus anche in Europa. Certo la campagna acquisti non deve intendersi completata, e, come ogni anno di questo periodo, temo per chi dovrà partire. Mi auguro che non siano Matri o Vucinic, sono due calciatori troppo importanti per le dinamiche di gioco della Juve. Probabilmente a lasciare sarà Quagliarella, giocatore, a mio avviso di grossissimo livello, ma che a Torino non è esploso. In questa vicenda però, la cosa che mi ha colpito negativamente, è l’assegnazione della maglia numero 10. Sarà che per me di numero 10 ce n’è uno solo, ed è: Alessandro Del Piero, ma ne aveva fatto richiesta anche Arturo Vidal. Quest’ultimo ha messo la firma agli ultimi due scudetti della Juve, e, forse, prima di darla al nuovo acquisto, avrei accontentato chi ha contribuito pesantemente a riportare la Juve agli antichi fasti. Staremo a vedere. Per il momento godiamoci questa campagna acquisti stellare da parte della Juve.

Iosefa, ha imparato benissimo l’italiano (medio).

Iosefa IdemNon è questione di sapere o non sapere. Non è questione di giusto o sbagliato. Io ne faccio una questione di principio. Il concetto che chi ci rappresenta deve avere un’anima candida, oramai, almeno in Italia, è una chimera. In Germania, un ministro della Repubblica, si è dimesso perché è stato appurato che ha copiato la sua tesi di laurea. Un gesto che non c’entrava nulla con la sua attuale attività politica, o con i meriti che nella vita professionale lo stesso ha ottenuto. Ha semplicemente tradito la fiducia del popolo tedesco, e si è dovuto dimettere, perché, li, l’opinione pubblica lo impone. Purtroppo, debbo prendere atto che, il mal costume italico, è contagioso. Anche i tedeschi, una volta in Italia, cambiano il loro modo di agire. E questo dimostra che alcune cose, soprattutto in politica, funzionano così, perchè noi vogliamo che funzionino così. Se riuscissimo a capire che il nostro voto conta di più di quello che pensiamo, e che non va sprecato, anzi va dato a chi merita, tante cose cambierebbero. Ma qual’è il fatto? Iosefa Idem olimpionica italo-tedesca, ora ministro delle pari opportunità, ha evaso l’IMU, mettendo la sua residenza (quindi prima casa) in una palestra di sua proprietà. Una furbizia che gli ha fatto risparmiare un bel po’ di denari, in quanto le ha permesso di usufruire dello sgravio sulla prima casa. Lei, a sua discolpa, ha dichiarato che di queste cose non se ne occupava, in quanto passava tre settimane su quattro, dodici mesi l’anno era sulla canoa. Giusto, ma dove andava a dormire la sera lo sapeva? L’indirizzo riportato sul suo documento d’identità, lo avrà visto qualche volta? E non si è mai chiesta, visto che non si occupava lei di queste cose, ma perché dormo in un posto diverso da quello indicato sulla mia carta d’identità?? Perché sul mio documento c’è l’indirizzo della palestra?? Mi dispiace, ma per me,msono scuse che non tengono. E questo attaccamento alla poltrona, ed ai benefici che ne conseguono, è quanto di più brutto, da una tedesca che non parla neanche bene l’italiano, ci si possa aspettare. Il fisco Italico ti ha beccata. Chiedi scusa e dimettiti. Dove sono le pari opportunità rispetto ad un cittadino comune. In questa Italia, le pari opportunità, le cercano anche i cittadini comuni, quelli che si alzano la mattina e, tra mille difficoltà, pagano le tasse. Di certo, in questo suo comportamento, ed anche nel non volersi dimettere, non emerge quello spirito sportivo che l’ha sempre contraddistinta. Lo sport, su ogni cosa, dovrebbe insegnare la correttezza, ed anche il saper riconoscere la sconfitta, oltre che condannare le scorrettezze. Mi dispiace Iosefa, ho alzato le braccia al cielo con te quando vincevi tutte quelle medaglie alle olimpiadi, ma ora, le stesse mia bracci, cadono vedendo quello che sei diventata. Dovresti dimetterti.

Boston, una brutta faccenda.

Attentato BostonEra un pò che non scrivevo, era un pò che non si vedeva un attentato come quello di Boston. Potenzialmente poteva essere una strage, e per quanto è brutto e irrispettoso dirlo, è andata bene così. Ora rimangono i dubbi e le lacrime. I dubbi sono relativi, soprattutto ai perché. Un attentato come quello ordito ieri, non può rimanere senza rivendicazioni. Chi organizza una cosa del genere, con il frastuono che cagiona, non può voler rimanere in disparte. Non credo che il governo degli Stati Uniti, non sappia chi abbia fatto esplodere quelle bombe. Questa assenza d’informazione e di divulgazione mi preoccupa ancora di più. Mi da l’idea della vulnerabilità a cui ci espongono. Perchè, e soprattutto che rischio abbiamo che colpiscano di nuovo. Non è possibile che continui a morire gente comune, bambini. Ieri è morto un bambino di 8 anni, quattro meno di mio figlio, che voleva vedere il papà all’arrivo della maratona. Voleva poterlo abbracciare. Martin, questo era il suo nome, aveva un eroe: quel papà che avrebbe voluto ricevere il premio di quell’abbraccio, dopo 42 chilometri di sofferenza. Quel papà che sarebbe arrivato sul traguardo solo dopo pochi minuti, ed ora quello stesso papà non ha più il suo bambino. A questo genitore gli si deve una risposta. Non ha senso questa follia dell’umanità. Non esiste protesta o battaglia o lotta, che possa portare via un figlio ad un padre. Perché questo inutile sacrificio. Perchè sono sempre gli innocenti i più colpiti. Un’altra immagine che ieri, a caldo, mi ha fatto versare qualche lacrima, è del corridore che, caduto a terra con lo spostamento d’aria. Dopo un primo smarrimento, si è rialzato ed è arrivato sino al traguardo. Era stordito, ferito alle ginocchia, ma è arrivato. Quella maglia arancione che non si è fatta piegare dalla violenza che è esplosa intorno a lui, ed ha portato a casa il suo traguardo, il suo obiettivo. Un gesto di sport, un gesto di tenacia. Mi auguro che quella stessa immagine possa essere replicata da parte di chi deve, e anche velocemente, dare una risposta a tutte queste lacrime, a tutta questa follia.