#iorestoacasa diario di una pandemia giorno 6

unnamedLa giornata di oggi è trascorsa lavorando e studiando un progetto nuovo. Il momento d’aria l’ho avuto facendo una piccola spesa dal fruttivendolo, sono riuscito a ritagliarmi anche un pò di tempo per la palestra. Oggi però mi è andato un occhio ad uno schema pubblicato dai mass media. Una file excel nel quale vengono riportati i dati del contagio nel mondo. Dalla tabella emerge, soffermandoci sui nuovi contagi e tralasciando gli altri dati, che l’Italia è il paese – AL MONDO – con il maggior numero di nuovi contagi. Ora, io capisco non voler diffondere le notizie, ma, Cina a parte, mi sembra evidente che gli altri paesi, “imbrogliano”. Ieri il sindaco di New York ha dichiarato che, nella sua città, stima almeno 30.000 contagiati a ieri. Nella tabella leggo solo 428 nuovi casi. Nel Regno Unito, la patria dell’immunità da gregge, solo 152 nuovi casi. In Francia, nessun nuovo caso. Come cittadino dei due paesi anglosassoni mi sentirei poco tutelato. Stanno affrontando la situazione, da un lato con molta leggerezza, dall’altro insabbiando ogni notizia sull’argomento. Ci possono essere lo stesso numero di contagiati in Olanda e negli Stati Uniti? E’ anche vero che un tampone negli USA costa $ 3.200,00 dollari al cittadino. Da noi è interamente a carico del SSN e vengono anche a casa a farlo. Nel Regno Unito un tampone costa 1.500,00 Sterline. Noi in Italia abbiamo medici competenti e strutture, probabilmente non all’avanguardia, ma sicuramente accessibili a tutti. Sicuramente un punto a nostro favore. La nostra sanità pubblica: brutta, sporca e cattiva, sta dando lezioni di stile e professionalità, al mondo. Non ho ancora letto nel dettaglio il DL di oggi che dovrebbe essere quello a supporto della nostra economia sul lato delle famiglie e delle aziende. Certamente ci saranno chiesti dei sacrifici. Ma preferisco di gran lunga vivere in un luogo in cui vengono tutelati i propri cittadini, anche con misure restrittive come quelle che stiamo subendo, piuttosto che vivere in un posto che per non danneggiare PIL o indici di borsa, se ne fregano della salute dei cittadini.90304798_2771328192932403_376776693236367360_o

Questo disastro mi sta facendo diventare più italiano di quanto ero prima e, forse, meno europeo. Europa che ci sta lasciando soli, mai come ora. Ho acquistato, su Amazon, una bandiera italiana che appenderò, appena arriva, al balcone. Dobbiamo tenere duro. Notizia di oggi, Apple ha chiuso i suoi store in tutto il mondo, li ha riaperti solo in Cina. Sono partiti prima di noi, stanno uscendo con impegno e regole dalla crisi. Secondo me è l’unica strada da percorrere.

Viviamo in un posto fantastico e, come dico da giorni, siamo fortunati.

Pensieri in tempo di COVID-19.

coronavirus_graficaSiamo un popolo fantastico. Di qualsiasi argomento si parli, ognuno di noi diventa improvvisamente: allenatore, ingegnere spaziale, epidemiologo, navigatore, sismologo. Do ogni cosa che succede intorno a noi, e non solo, l’Italiano medio sa. Ho sempre pensato che questa nostra “inclonabile” caratteristica dipendesse da un mix di due componenti del nostro DNA: l’approssimazione e l’essere degli artisti. In fondo in fondo, ognuno di noi nasce in uno stato approssimativo, ma pieno zeppo di arte. L’arte ci circonda in ogni campo: nel design, nell’arte, nella moda, nell’artigianato. E di queste due caratteristiche noi ci contagiamo, irrecuperabilmente, già da piccolissimi. Ovviamente su un argomento come quello del Corona Virus, l’italiano medio  non poteva esimersi dal dichiarare la propria verità. E ogni verità è più vera dell’altra. E quindi c’è chi da la colpa ai cinesi, chi da la colpa ai politici, chi vede le aziende chimiche aver prodotto un simile e nefasto virus. La verità vera, è che in pochi ne sanno qualcosa. In pochi sanno quanto realmente grave è o sarà questa cosa. E quei pochi, come accade spesso, non gli viene data la parola. Da parte mia penso e reputo che vada messa in moto tutta la macchina sanitaria, al fine di scongiurare il peggio. E se questo significa stare a casa, stiamocene a casa. Se questo significa che le scuole debbono chiudere, o che non si giocheranno le partite di calcio, facciamolo. Facciamo in modo di prendere tutte le precauzioni del caso, senza paura e senza strumentalizzare una cosa così grave. Un popolo può dividersi su tante cose, ma poi c’è un momento in cui si deve essere uniti. Solo uniti si possono vincere le battaglie, le guerre. E questa è peggio di una guerra, perchè il nemico non si vede, è invisibile. Da par mio, posso fare solo qualche considerazione che vuole avere solo lo scopo di ragionare, di mettere un pò di logica in questo momento che può avere degli ovvi e irrazionali risvolti incomprensibili e disordinati. La domanda che mi frulla per la testa è: che senso ha chiudere le scuole, quando poi i genitori degli alunni che sono stati costretti a rimanere a casa, s’incontrano in ambienti molto popolosi come ministeri, tribunali, uffici pubblici? Perchè oltre alle scuole chiuse, che trovo un provvedimento giusto e prudente, non seguono dei provvedimenti che limitino ulteriormente il contatto tra persone? Tutto ciò inoltre non può essere non supportato da delle specifiche azioni che diano tranquillità all’economia in tutta la penisola. Ci sono alberghi che stanno subendo la disdetta delle prenotazioni in massa, il commercio è in ginocchio, le aziende e le partite iva sono al collasso. Bisognerebbe creare un paracadute sociale molto ampio, che permetta, quando sarà ora, di ripartire tutti. Questo è un momento duro e lo ricorderemo molto a lungo, ma è anche uno di quei momenti dal quale una nazione può rialzarsi meglio e più forte di prima. Di una triste cosa però sono sicuro. Questo dramma sarà strumentalizzato. E questo ci farà riprecipitare nel provincialismo della nostra bella nazione. Bella, ma incapace di fare squadra come altre nazioni fanno in momenti come questi.

Ebola, paura immotivata?

ebola-mappa-contagio-oms_102503Tutti ci dicono di stare tranquilli, la situazione può essere controllata, ma nel frattempo stati sovrani, che reputo seri e moderni, prendono delle misure di prevenzione restrittive e che possono sembrare quasi razziste. Gli Stati Uniti varano un sistema di sicurezza e di controllo dello stato di salute delle persone che arrivano da da alcune parti dell’Africa; mentre l’Australia chiude, completamente, alla migrazione dagli stati Africani. Nel frattempo, sulle nostre coste sbarcano migliaia di migranti ogni giorno, e dal colore della pelle non mi sembrano Siriani. Nei nostri aeroporti arrivano persone da ogni stato, anche Africano, senza il minimo controllo sanitario. Il nostro ministero della Sanità indica nella mancanza di fondi, l’impossibiltà di strutturare una difesa sanitaria degna. E’ notizia di oggi che un generale, e dieci militari americani sono transitati nell’aeroporto militare di Pratica di Mare, direzione base Nato di Vicenza, di ritorno dalla Liberia, senza che nessuno li controllasse o li mettesse in quarantena. Quarantena che è poi scattata all’arrivo a destinazione. Se fossero atterrati in qualsiasi aeroporto americano, avrebbero avuto tutt’altro trattamento sanitario. Nel messaggio alla nazione, Obama ha dichiarato che: per evitare qualsiasi possibilità di contagio, o di pandemia, le uniche armi in mano alla scienza sono: la prevenzione, e l’attenzione massima verso quelle popolazioni o quei viaggiatori di ritorno da alcune zone a rischio. Ad oggi, più di 10.000 casi sono stati riscontrati in Africa, di cui oltre 5.000 sono culminati con decessi, mentre la mappa del contagio nel mondo è la seguente (dato al 15 ottobre fonte: Europa):

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Sembrano numeri rassicuranti, ma così non è. Immaginate che Duncan, il paziente zero di Dallas, colui che ha portato l’Ebola negli USA, nei giorni precedenti al manifestarsi della malattia, è entrato in contatto con centinaia di persone, che a loro volta potrebbero aver trasmesso esponenzialmente il contagio. La situazione secondo me è più grave di come ce la raccontano. Non era mai capitato che l’Ebola uscisse dai confini Africani. Non è mai capitato, negli ultimi cento anni, che una tale minaccia di pandemia si sia manifestata. Ebola è un virus moderno, partorito nelle foreste Africane, ma che viaggia in aereo. Le distanze si sono ridotte, e quello che prima poteva essere considerata una quarantena naturale, come i viaggi in una nave, o lo stazionare su un’isola (Ellis Island) per un periodo di tempo, oggi non è più concepibile, non è più attuabile. La mia idea, il mio incubo, è che siamo tutti esposti, siamo tutti a rischio contagio. L’unica speranza è che il vaccino, se è vero che esiste, sia realmente pronto, o quasi. Nel frattempo mi auguro vivamente che si prendano serie misure di prevenzione e, senza voler essere tacciato per razzista o altro, che si blocchi, da subito il flusso d’immigrazione verso l’Italia. L’Ebola non è un problema economico, non è un problema di religione o di razza, è un problema legato alla sicurezza nazionale, oserei dire mondiale. Per questo motivo va affrontato con fermezza e senza sovrastrutture di carattere razziale, ne da un lato ne dall’altro. Forse, in casi come questi, bisognerebbe esagerare un po’ con le precauzioni. Esagerare soprattutto in Italia.

L’esasperazione di una lotta.

581172_289980657793955_1262905044_nAdoro gli animali. Ne ho avuti in vita mia: cani, canarini, tartarughe, pesci, ma non ho mai potuto sopportare i roditori. Criceti, scoiattoli, cavie. Non li ho mai avuti, ma questo non mi ha fatto mai mancargli di rispetto. Certo quella volta che mi è entrato il topo in casa non ha fatto proprio una bella fine, ma li si trattava di sopravvivenza. Non si può convivere con un topo in casa. In questi giorni ho letto e riletto tutto quanto scritto sulla vicenda di Caterina Simonsen. Un ragazza di venticinque anni, che ha ringraziato la sperimentazione, anche quella sugli animali, riconoscendo che, senza quei sacrifici sugli animali, lei oggi non sarebbe qui. Mi sembra una lucida constatazione di una ovvietà. Lucida nonostante sia costretta, a venticinque anni, a parlare di morte. Un argomento che a quell’età non dovrebbe essere nei pensieri di nessuno. Pensieri che invece a lei la pongono in ogni momento di fronte all’ineluttabile realtà che, senza un miracolo, la sua vita verrà spezzata. La condizione di Caterina, delle ragazze e dei ragazzi che sono nella sua situazione, ti porta a crescere velocemente. Quasi come a voler riempire quel contenitore, che è la vita, ma con un tempo decisamente minore rispetto a quanto, naturalmente, occorrerebbe. Io ho provato la tristezza, la sofferenza di perdere una cugina a venti anni, per un incidente stradale. Non ti dai pace, non te ne fai una ragione, neanche con il tempo. Ti abitui solo a convivere con il dolore. Un dolore che non ti lascia mai. Immagino cosa voglia dire per Caterina, ma anche per i suoi cari, dover convivere tutti i giorni con una malattia spietata, che azzera la giovinezza, ma non la dignità. Dignità che spesso invece non ha chi, anche con fini inizialmente validi, diventa un estremista. La vita umana non ha un contraltare; la vita umana non può essere barattabile con niente e con nessuno.; la vita umana è un patrimonio che va preservato, va tutelato, va mantenuto. Mi fa schifo chi ha augurato la morte di Caterina, in virtù di una lotta contro la sperimentazione sugli animali. Mi fa schifo perché non puoi amare un gatto, o un topo, ma non una ragazza di venticinque anni. Ma come si fa ad augurare la morte ad una ragazza,  innalzando il baluardo della lotta alla vivisezione. Per chi è così sensibile di avere a cuore la vita di una cavia di laboratorio, come mai può augurare di morire a chi, già da anni, è sofferente. Io non capisco. Come fanno questi imbecilli a non capire che, se è giusta la loro causa, non può essere, per la proprietà transitiva, sbagliata la causa di Caterina. C’è sempre una mediazione, non può essere altrimenti. Io mi sento, in questo momento, molto più vicino alla vita di Caterina, che a quegli estremisti che, seppur per una buona apparente causa, sono riusciti ad inveire contro chi soffre. Caterina, hai tutta la mia solidarietà. La solidarietà di una persona comune, che si è emozionato a leggere quello che qualche imbecille è riuscito ad augurarti. Che si è emozionato a leggere quello che te hai scritto. Da parte mia, e con tutto il cuore, sperimentazione o no, ti auguro di poter avere una vita serena, per quanto possibile; di poter assaporare tutto l’amore dei tuoi cari, e non solo; ma soprattutto di ti auguro di avere la forza di sconfiggere questo tuo brutto male e rimpossessarti dei tuoi venticinque anni. Hai tante cose da fare, hai tante battaglie da combattere. Te lo auguro veramente di cuore, con tutto il cuore.

Una domanda da cittadino comune.

San Raffaele MilanoDa stamattina ho una domanda che mi ronza in testa. Ma se ricevo la visita fiscale, e scoprono che non ho niente. Cosa mi succede? Probabilmente, se a mandarmela è il mio datore di lavoro, rischierò il posto. Ma se a mandarla è un giudice? Se la mia bugia non ha permesso ad un collegio di giudicarmi come imputato? Ritengo che, a me cittadino normalissimo, bene che mi va, mi arrestano. Ed il processo che, sempre come cittadino normale, avevo in corso, potrebbe subire una certa scossa negativa. E se a farlo è un uomo politico, ricco e potente? Se la scusa è una banale congiuntivite simile, per altro, a quella che il mio socio e collega ha da oltre un anno e non ha saltato un giorno di lavoro? Faccio sempre fatica a capire che popolo siamo. Dopo venti anni di prese per il culo, c’è ancora chi vota Berlusconi. Questa è l’ennesima chicca che ci ha riservato questo signore così distinto e così sempre innocente. Quasi un italiano su tre lo ha votato alle ultime elezioni. Non è bastato tutto quello che ha fatto, e che ci ha fatto. Forse è proprio vero che ci meritiamo tutto quello che ci sta capitando! Meditate gente, meditate. Un complimento anche ai medici: complici e corrotti.