Circa 500 miglia, questo è quanto abbiamo navigato in due settimane. Avendo un blog, mi ero ripromesso di documentare, a modo di diario, tutta la vacanza, e debbo dire che i primi giorni sono anche riuscito nell’intento. Ma la stanchezza, ma soprattutto la voglia di staccare completamente con tutto, hanno avuto la meglio. Ho scritto solo poche pagine sul mio taccuino, ma il più me lo porto dentro. Siamo partiti da Atene in direzione di Corinto. Siamo arrivati solo il giorno dopo a passare lo stretto che ha un fascino tutto suo. Pensare che quello stesso canale, costruito dall’uomo, ha visto passare navi dell’antica Roma, Cartaginesi, Fenicie, ovviamente Greche. Ha visto passare tanta storia tra le sue pareti altissime. Passare li in mezzo è un’esperienza che va fatta. Le corazzate tedesche della seconda guerra mondiale tenevano sotto controllo il canale, e questo gli garantiva l’egemonia su due mari. Dopo Corinto, ed il ponte di Patrasso, abbiamo puntato su Zante, dove abbiamo passato un paio di giorni in tranquillità. Avevamo bisogno di riprenderci dal lungo tragitto. Zante è un’isola bellissima, con delle spiagge fantastiche, la più famosa Navayo, con il suo relitto arrugginito. Ripartiti da Zante,
abbiamo fatto circa 32 miglia verso sud, in direzione delle Strofadi. Due isolette nel mar Jonio, che hanno di caratteristico una sorgente dalla quale, anticamente, si faceva scorta d’acqua. Queste isolette, incastonate in un mare azzurrissimo sono citate da Virgilio nell’Eneide. E’ qui che i Troiani, guidati da Enea, incontrano le Arpie. Vi sorge un monastero costruito intorno all’anno 1200, e che oggi è abitato da un solo monaco. E’ tutto in rovina, ed è un lontano parente di quello che doveva essere quasi mille anni fa. Ma il fascino rimane intatto. Proseguendo verso sud siamo entrati nelle acuqe tranquille di Pilos.
Questa splendida cittadina si trova all’interno di una baia chiusa naturale che rende questo posto molto apprezzato da chi va per mare. Una notte in acque tranquille era quello che ci voleva. Pilos è la classica cittadina Greca, dove domina il bianco. In un punto strategico sopra di essa, in un posto che permette di scorgere da est a ovest la baia, c’è il castello di Navarino. Suggestivo per il suo panorama.
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Padova…
E’ sempre bello tornare in posti in cui non si torna da tanto. E’ sempre bello riscoprire luoghi, colori, odori, che si sono respirati da bambino. Gli occhi sono sempre gli stessi, ma guardano, osservano, in modo diverso. Scoprirsi con la bocca aperta ad osservare uno splendido paesaggio vale la stanchezza di un viaggio lungo fatto in un week end. E poi scoprire che esistono dei luoghi che non conoscevi e che sono di una bellezza sconvolgente. Luoghi in cui il tempo si è fermato al secolo scorso. Questo week end a Padova è stato tutto questo. Riscoprire una città, bella come me la ricordavo da bimbo, accesa da un sole estivo ed un cielo blu. Mi sono reso conto di averla vista sempre quando pioveva, o con la nebbia. Bella nell’ordine e nella disciplina, eredità di una grande repubblica marinara. Le rive del Brenta, con le sue ville Venete, lascia senza fiato. Ma di tutto il week end mi porterò sempre dentro aver conosciuto delle splendide persone, una famiglia bellissima che con la sua ospitalità ha confermato quanto di buono Daniela mi aveva raccontato. Grazie Marinella, grazie Mario Antonio, siete stati fantastici.
Texas e Florida…
Come ogni vacanza, prima o poi si torna a casa. E quando si torna a casa, con il pensiero, si fanno sempre i bilanci. Quest’ultima: in Texas e in Florida, è stata, seppur non lunga, una vacanza molto intensa. Siamo riusciti a fare e a vedere molte cose, dando un taglio molto “cool” alla trasferta Americana. Al contrario di quello che mi aspettavo prima della partenza, Miami mi ha molto deluso. Un posto turistico, dove tutto è costruito per fare business. Città come New York, San Francisco sono decisamente molto più vivibili, sia da turista che, a mio avviso, da cittadino. A Miami sembra fatto tutto per catturare l’attenzione, e quindi il denaro, del passante. Le luci sembrano quelle di un parco dei divertimenti, e tutti i locali sono costretti a caratterizzarsi, rischiando, a volte, di risultare delle caricature. Il clima però è fantastico e di posti da vedere intorno ce ne sono moltissimi. Purtroppo il tempo che avevamo a disposizione non era tanto, la Florida meriterebbe almeno due settimane, ma abbiamo avuto la forza, e anche il coraggio, di arrivare: alle Everglades prima e a Key West, dopo.
Le Everglades sono un parco naturale che sta preservando tutta la zona paludosa a sud della Florida, con tutto il suo patrimonio di flora e fauna. Ci sono rettili di ogni tipo: dagli iguana agli alligatori. Abbiamo rischiato d’investire, in questa zona, un iguana che stava per attraversare la strada. Arrivati al parco, non poteva mancare il caratteristico giro su un’Airboat, dal quale siamo scesi letteralmente fradici di acqua salmastra. La puzza non è stata piacevole, ma per lo spettacolo che abbiamo potuto vedere, ne è valsa la pena. I paesaggi sono sconfinati, immensi, e quando il cielo blu intenso, s’incontra con il verde, che li la fa da padrona: lo spettacolo è servito. Cosa dire di Key West? 200 Km di autostrada perfettamente efficiente che si snoda sulle isole
caraibiche che portano sino all’ultima, appunto Key West. Qui c’è anche il punto più a sud degli Stati Uniti d’America. Un posto dove bisogna fare la fila per una fotografia. Tornati a Miami, vista little Avana, che secondo me è il vero cuore pulsante della città, il resto è solo shopping. Lincoln Road è un centro commerciale a cielo aperto a South Beach. A Miami però non poteva mancare una partita dei Miami Heat. Li si vede la capacità, tutta anglosassone, di organizzare un evento che, qualunque esso sia, raggiunge i
connotati: “del memorabile”. Bellissima esperienza anche, e soprattutto perché, i celiaci possono gustare i loro hot dog “Gluten Free”. (vero Daniela??).
La parte iniziale del viaggio, l’abbiamo passata ad Austin, in Texas. Un posto di cui fino a qualche mese fa ignoravo l’esistenza. Una sera, prima dell’estate, a casa di Daniela Andrea ci ha detto di questo loro viaggio per andare il Gran Premio di Formula uno degli Stati Uniti, che si svolge per l’appunto ad Austin, e da li abbiamo iniziato a sbirciare i voli. Insieme a Lidia e Max, abbiamo costruito un viaggio nel quale il Gran Premio è stato solo il pretesto per partire. Talmente pretesto, che infatti non lo abbiamo visto. L’idea che avevo era quella di andare li e trovare il lato oscuro dell’America. Quello lontano dalle città più blasonate e più turisticamente interessanti. Invece mi sbagliavo. Austin, come tutto il Texas mi ha fatto capire che l’america, quella vera, sta li. Fatta di gente seria, che ama il proprio paese e si batte per rendererlo migliore. Gente che se vede un turista in difficoltà gli da un passaggio con la propria autovettura, oppure che se t’incontra con la cartina in mano, spaesato come tutti i turisti, smette di correre e ti chiede “Can I help you??”. Fatta di gente così, quelle persone che senza conoscerle ti offrono la cena, oppure si sforzano di capire il tuo inglese stentato. Bella gente. Che si alza la mattina presto per andare a lavorare, ma la sera fa tardi per sentire del buon country blues, in un locale di Soco. E ce ne sono tanti a Soco di locali fichi per andare ad ascoltare musica. Gente che si veste di arancione e in ottantamila,
vanno a tifare per la loro squadra di Football universitario: i “Longhornes”. Tutto è grande in Texas. Le macchine sono immense, i negozi sono specifici ed immensi, anche se la città non è smisurata. Mi ha colpito un negozio che vendeva solo stivali. Si proprio stivali texani. Erano tantissimi, e di ogni tipo, colore o misura. C’era quello fatto con la pelle di serpente, quello trattato con l’olio, quello da 150$, ma ne ho visto un paio da oltre 2.000$. E’ divertente immergersi nel loro modo di vivere. Questa città non è abituata ad ospitare il turismo di massa continuo. Infatti i taxi non funzionano. Loro ospitano eventi importanti, in periodi programmati, e questo li preserva dall’estinzione delle loro origini. E’ una città costruita per gli americani, anzi, costruita per i texani. A loro uso e
consumo. E’ bello poter visitare una meta gustandone il lato autoctono. Il poi posto diventa relativo. A volte un viaggio ti lascia di più avendo potuto assaporare il contatto con la gente, che per quello che esprimono i suoi monumenti. Se mi costringete a scegliere una citta in cui vivere, tra quelle che ho visitato in questo viaggio, di sicuro sceglierei Austin. Di sicuro il Texas. Di questa vacanza va anche detto che, segreto del suo successo è stato anche, e soprattutto, la compagnia. Per Dany e me: Lidia e Max sono stati dei compagni di viaggio stupendi. Sempre carini e disponibili a macinare chilometri ed eventi. Dany poi, ha trovato in Lidia una instancabile compagna di Shopping. Peccato per Andrea e Marika che siamo riusciti a vedere
poco. Ma quel poco è stato comunque tanto. Simpatici anche i nostri nuovi amici americani Mark, Michael e Kevin, oltre alle loro signore. Unica “nota negativa” è stato il cibo. Per colpa dell’America, qualche chilogrammo in più ce lo siamo portati a casa. Ma anche questo fa parte del bello di un viaggio. Nella mia memoria rimarrà sempre scolpito il “Big Daddy” un piatto gigantesco di costolette di non so quale animale, affogate in una salsa barbecue fantastica. Ovviamente buonissimi anche gli Hamburger.
A Londra con Filippo.
Ad aprile, o forse a maggio, ho ricevuto una email da Alitalia, nella quale mi si comunicava che avevo delle miglia in scadenza. Le famigerate mille miglia. Era un po’ che avevo voglia di farlo, e quindi ho approfittato, prenotando un week end a Londra, soltanto: Filippo e me. Ero un pò preoccupato del fatto che un bambino di 10 anni e mezzo, potesse annoiarsi in una città dove c’è da visitare monumenti e dove non capisce una parola di quello che si dice intorno a lui. Avevo paura che si annoiasse e, per questo, ho cercato di studiare delle mete che potessero interessarlo. Risultato? E’ stato un week end bellissimo. Siamo tornati ieri sera, e stamattina era ancora tutto eccitato. Scoprire che esiste un paese, e viverlo, dove c’à ancora la regina, “più vecchia di nonna”, che vive in un castello grandissimo al centro di Londra e che i londinesi chiamano, scherzosamente: “Jurassic park”; i gioielli della corona; un museo dove poter osservare quei dinosauri, di cui aveva solo potuto vedere le foto sui libri. Tutte queste cose, queste emozioni, lo hanno riempito. Arrivavamo in albergo alle 20.30 e alle 21.00 già dormiva. E’ stato una spugna, ed ha assimilato tutto come solo i bambini sanno fare. Ad un certo punto, osservando quello che aveva intorno, mi ha chiesto: “ma gli inglesi sono più avanzati di noi?” Questo la dice lunga su quale capacità di analisi, e di critica si ha a quella età. Rivedere la torre di Londra con lui è stata un’esperienza unica. Osservarlo al Natural History Museum interagire con la conoscenza (perchè li, nei musei, s’interagisce), mi ha fatto capire tante cose che mi erano sfuggite, o forse avevo sottovalutato. L’esperienza che lo ha affascintato di più è stata il giro della città su un mezzo anfibio. Un imprenditore inglese ha rilevato, dall’esercito britannico, una ventina di vecchi mezzi da sbarco della seconda guerra mondiale. Alcuni di essi sono anche stati usati nel D Day. Con questi mezzi, fanno il consueto giro di Londra, e poi si “tuffano” nel Tamigi. Un’esperienza davvero insolita, soprattutto per un bambino che, come tutti a quell’età, adora macchine, le moto e tutto quello che si muove. Debbo dire che ci ha molto aiutato anche il tempo. Sono stati due giorni di sole e di caldo, inusuali per la grigia Londra. Gli ho raccontato anche chi erano i Beatles, e che cosa sono stati per tutta la musica rock mondiale. Gli ho fatto sentire Hey Jude e Imagine. La visita ad Abbey Road, è stata d’obbligo a quel punto. Quanto ci siamo divertiti. L’esperienza sugli autobus a due piani me l’ha fatta ripetere ogni volta che è stato possibile. Giustamente mi ha fatto notare che: “la metro sarà anche più veloce, ma vuoi mettere quello che si vede dal secondo piano dell’autobus?” Come dargli torto. Tornando, grazie alla bontà di Alitalia, abbiamo viaggiato in business class. Mentre faceva merenda con gamberetti, salmone e focaccia calda, mi ha detto: “ho deciso papà, da domani si viaggia solo in prima classe”. Mi ricorda tanto una persona, che da un paio d’anni frequento assiduamente. Ho deciso che farò il possibile, ma almeno un week end all’anno da solo con Filippo, in giro per il mondo, me lo farò. Almeno fino a quando non inizierà a considerarmi uno di quei dinosauri che tanto adora.
Mondiali di rugby 2011 il Re Maori riceve gli All Blacks
Sono innamorato della Nuova Zelanda. Mi piace tutto di questa nazione: la natura, il mare, la popolazione, il rugby, la vela, le loro radici. Non hanno nulla che non va. I neozelandesi, sono un popolo fiero e basa sulle usanze Maori, sul credo di quella antica popolazione, il loro modo di vivere. Non se ne vergognano, anzi ne vanno fieri, e fanno di tutto per difenderle. Hanno esportato il grido propiziatorio, che gli antichi guerrieri facevano, prima di andare in guerra: la Haka. Soprattutto nel rugby, è diventato il segno distintivo della Nazionale. Non sapevo che i Maori hanno ancora il loro re. Viene rispettato ed onorato come qualsiasi re, di rango non decaduto, esistente sulla terra. Questo uomo è il depositario di usanze che sopravvivono da millenni. Un bellissimo gesto di rispetto gli e lo hanno riservato proprio i giocatori della nazionale Neozelandese di rugby – gli All Blacks – durante la loro visita prima d’iniziare i mondiali del 2011, che poi hanno vinto. Gustatene un assaggio:
Sono sempre più convinto che queste due isole, nel bel mezzo dell’oceano, siano un posto da visitare in uno dei miei prossimi viaggi. Ma la mia paura più grande sarebbe quella di scoprire che forse è il posto migliore dove vivere. Purtroppo è molto difficile (impossibile) ottenere la cittadinanza.
Una mattina di ordinaria Italianità
Tornare dal Belgio ė stato già di per se dura, ma ripiombare nelle inefficienze di questo paese e delle aziende da esso controllate, fanno crescere in me la voglia di andar via. Stamattina, dovendo prendere il treno alle 8.00 dalla stazione Roma Termini, ho pensato di fare il bravo cittadino. Invece di prendere la macchina, evitando d’intasare le strade e d’inquinare, mi sono svegliato un po’ prima, per andare con il treno da Frascati. Arrivo alla stazione alle 6.15, acquisto il biglietto e mi metto a leggere il giornale. Alle 6.30, ossia quattro minuti dopo l’orario della presunta partenza, un messaggio dal megafono annunciava che il treno per Roma Termini era stato soppresso. Il motivo: un guasto. Ma io dico, ė mai possibile che non si riesca a dare un annuncio qualche minuto prima??? Ritorno a casa, ovviamente sempre a piedi, prendo la macchina trafelato e, come una furia, arrivo a Ciampino, lasciando la macchina a rischio multa e sperando che passi un treno per la stazione Termini. Quando alle 7.09 salgo sul treno che mi porta a Roma, mi accorgo della situazione a cui sono costrette centinaia, migliaia di persone, tutti i santi giorni. Il vagone dove salgo, oltre ad essere strapieno, fa schifo. Non trovo altri agettivi. Sporco, vecchio, sembra di essere in un paese del terzo mondo. E se immagino che gran parte di quelle persone debbono subire questo stato di cose tutti i santi giorni, mi chiedo: ma voglio veramente che mio figlio cresca, studi, impari l’educazione civica in questo paese? Come facciamo a continuare ad essere innamorati della nostra patria? Cos’altro ci devono fare per iniziare ad urlare: basta!!!
Bruges
Lo scorso week end l’ho passato in Belgio. Più precisamente a Bruges, una località a circa un’ora di treno da Bruxelles. Un posto splendido, dove il verde, la pace ed un’ordine, a cui non sono abituato, la fanno da padrona. E’ stato bellissimo perdersi in quei vicoli creati da edifici medioevali, e superare quei ponti sopra a quei canali, le case con le uscite a filo d’acqua. Mi è sembrato di fare un salto indietro di seicento anni. Il rumore degli zoccoli dei cavalli rendeva questo salto ancora più realistico. Ci sono decine di carrozze sulle quali puoi fare il giro della città, e quasi tutte condotte, stranamente, da ragazzine bionde che spiegano in un bell’inglese quello che si sta vedendo. Con Daniela abbiamo deciso di prenotare un Bed and Breakfast non in centro. Sul sito c’era scritto a pochi minuti dal centro, ma non ci aspettavamo nulla del genere. Il paradiso. Siamo entrati da un cancello in un giardino curatissimo, dove alberi ad alto fusto che formavano un boschetto privato, un prato verde e ogni tipo di fiori ci hanno frastornato. Nel mezzo una costruzione del 1600, ristrutturata in ogni sua parte faceva la sua bella mostra. Ci ha accolto Katrien, una gentilissima signora che da subito ci ha messo a disposizione tutta la sua gentilezza e cortesia accompagnandoci sempre con il suo sorriso. La casa anche dentro è bellissima, segno della cura che la stessa Katrein ha messo nell’arredarla. Quando poi chiacchierando scopriamo che lei è un architetto d’interni, tutto torna. Da quello che possiamo vedere è anche brava. C’è una stanza circolare a piano terra di cui Daniela si è innamorata. Quel paradiso si chiama:’t Wit Huys ( http://www.withuys.eu ).
La nostra stanza da letto affacciava sui due lati della casa. Un bosco privato alla fine di un prato verde e ben tenuto da un lato, e dall’altro delle siepi che confinavano con un’altra bella dimora. Una pace indescrivibile. Ma la cosa più bella è stata proprio riscoprirla. Il gusto di ritrovare qualcosa che da tanto non avevo più. Il caos della città, della quotidianità, il lavoro, il traffico, i problemi, tutte cose che ci fanno perdere il gusto di assaporare un po’ di tranquillità. E’ stato bello poter ascoltare il suono del silenzio. Katrien, dopo averci offerto un caffè, ci ha dato due bici, e via! In poco tempo siamo arrivati in centro. Che fascino passeggiare in bici. Eravamo stanchi del viaggio quindi ci siamo accontentati di pedalare un po’ tanto per avere un anticipo di quello che avremmo visto il giorno dopo. Arrivata l’ora di cena abbiamo avuto l’imbarazzo della scelta. I locali per mangiare qualcosa sono tantissimi. Una cenetta romantica e poi a nanna.
Il giorno successivo è stato bello perdersi tra quei vicoli, sorseggiare una Kwak con quello strano bicchiere, cercare un posto dove mangiare delle moulles (cozze) servite in mille modi, la torre della marketz square, da dove si suicida il killer buono nel film “in Bruges”. Il sabato è volato. Prima di ritornare, la domenica, abbiamo voluto fare una capatina a Bruxelles. Abbiamo salutato Katrien, e la sua splendida, casa con quella tristezza che si ha quando ci si separa da una cosa bella, senza sapere se e quando si potrà di nuovo vivere. Bruxelles è città non grandissima, ma passare dalla tranquillità di Bruges al caos di Bruxelles ci ha dato un senso di disorientamento. Non vedevamo l’ora di prendere l’aereo, quasi a volersi portare nel cuore quei momenti che quel paese medioevale, e i suoi canali, ci avevano lasciato. E’ stato proprio un bel week end. Grazie Daniela per trovato quell’angolo di paradiso.