La mamma di Daniela, qualche giorno fa, ci ha detto di segnarsi, come fosse un diario, tutte le prime cose che farà Andrea. E’ un modo semplice, secondo lei, di contestualizzare dei ricordi. Personalmente ho una memoria molto fotografica, quindi ogni mio ricordo è impresso nella mia mente così come si svolge. L’unico problema è richiamarlo. Ieri Andrea ha fatto la sua prima risata a “crepapelle”. L’aveva già fatta in passato, la sera di Santa Lucia, ma ieri è stata fantastica. E’durata tanto e oltre a divertire noi, ho avuto la percezione che si stesse divertendo anche lei. La mente mi è andata subito a Filippo, e mi sono reso conto che non mi ricordo la sua prima risata. Non voglio più dimenticare. I figli sono un patrimonio inestimabile di gioia e soddisfazioni. Noi genitori possiamo e dobbiamo attingere linfa vitale dai ricordi, dalle cose che fanno, da quello che c’insegnano. Non voglio più avere il problema di non ricordare. Voglio che il mio patrimonio di ricordi venga conservato. Questa notte mi è venuta spesso in mente la scena di Andrea che rideva e mi sono riscoperto a mia volta a ridere da solo. Mi ha messo tanta gioia. La mamma di Dany ha proprio ragione, questi ricordi non posso proprio permettermi di perderli. Andrea e Filippo avranno un diario delle loro prime volte…
Archivi tag: 2015
Di nuovo l’albero.
E’qualche anno che vivo male il Natale. L’ho già scritto in precedenza, ma ogni anno, non c’è nulla da fare, si ripresenta lo stesso problema. E pensare che a me il Natale piaceva tantissimo, ma crescendo questo sentimento è cambiato, fino ad arrivare alla vigilia di Natale del 2011 quando ho perso mia mamma. D’allora questa festa è caduta in un baratro senza fondo. Fatico a condividere con il prossimo, o anche solo con i miei cari, quello che prima invece amavo, in una parola: lo Spirito di questa festa. Quest’anno però Daniela si è imposta. E’nata Andrea e dobbiamo fargli vivere il Natale al meglio. Andrea deve poter: desiderare, sognare, immaginare tutto quello che una bambina può: desiderare, sognare, immaginare. Il mio umore, il mio trascorso non debbono penalizzarla. Non ha tutti i torti. Leggo sui social network che spesso le feste vengono osteggiate, vengono criticate, a partire dal Natale. E anche se io non lo faccio per partito preso o perché “fa fico“, ma proprio perché questa festa mi mette in uno stato di malessere generale. Vorrei che tutto tornasse a come quando ero bambino. Vorrei che il Natale diventasse di nuovo un momento bello, in cui tutta la famiglia si raccoglie intorno a quello che rappresenta veramente e ne facesse tesoro. Un tesoro che duri per tutto l’anno. Quest’anno però sarà diverso, ne sono quasi sicuro. Almeno per come Daniela lo sta affrontando. Si è caricata sulle spalle il lavoro di tutti e due, e sta cercando di far diventare questo Natale, il suo primo Natale da mamma, speciale. Se ci riuscirà, e sono sicuro che ci riuscirà, sarà un Natale speciale per tutti. Anche per Filippo che, forse, da troppi anni sopporta il mio stato d’animo. Il risultato sarà ancora più clamoroso perché per me quest’anno è stato l’anno più controverso da quando ne ho memoria. Mi sono successe talmente tante cose orribili che certamente me lo ricorderò come l’anno peggiore di tutti; nel contempo mi sono capitate delle cose che altrettanto me lo faranno ricordare come un anno speciale. Di certo è stato un anno faticoso, senza nemmeno un giorno di vacanza e con tante preoccupazioni per la testa, ma ci ha portato anche Andrea. Di certo per ora c’è che, dopo tanti anni Daniela è riuscita a fare entrare a casa un albero di Natale. Uno di quelli grandi, belli e pieni di luci. Grazie Daniela, e se sarà di nuovo un Natale, sarà soprattutto per merito tuo.
Basta.
In questi giorni dove mi giro trovo questa foto pubblicata. Mi sta togliendo il sonno, ce l’ho nella mente quando chiudo gli occhi. Sarà che il corpo di questo bimbo mi ricorda mia figlia quando dorme; sarà che non trovo più una spiegazione a tutta questa crudeltà; sarà che noi, popoli civilizzati, non riusciamo a trovare una soluzione a tutta questa cattiveria; sarà che forse un bel po’ di responsabilità nella morte di questo bimbo me sento sulle spalle anche io, mentre i responsabili, sono sicuro, vivono tranquilli e sereni. E non è un discorso di chi è d’accordo o no all’ospitalità. Non è un discorso di chi è a favore o no dell’immigrazione. E’ che non capisco più tutto questo immobilismo. Vedo tanta gente che lavora tanto, oltre ogni più umana sopportazione. Mi riferisco: al personale umanitario, alle forze armate, alla guardia costiera, ai volontari. Ma poi finita questa gestione, il nulla. Vedo uno stato immobile, un’Europa indifferente. Non si può far finta che il problema non esiste. E intanto leggiamo di scandali che hanno letteralmente divorato le risorse economiche destinate a queste persone. Penso che sia arrivato il momento di dire basta. Basta!! Bisogna che ognuno di noi s’impegni a costruire un mondo migliore. Basta al mondo dei furbi che strumentalizzano la sofferenza. Basta. Dobbiamo essere in grado di distinguere: chi scappa per disperazione, da chi si approfitta. Quel corpo non mi sembra un terrorista, non mi sembra un clandestino. Io ci vedo un bambino morto per niente. Io ci vedo un bambino vittima dell’ipocrisia di questo mondo. Io ci vedo un mondo che se permette questo è all’inizio della fine.
Andrea.
La provenienza del nome è latina. Significa: “con riferimento alla sua femminilità“. Si perché noi nostra figlia l’abbiamo chiamata Andrea. Qualcuno ancora storce la bocca quando ci chiedono come si chiama, ma noi siamo felicissimi del nome che abbiamo dato alla nostra bimba. Anche Filippo all’inizio era un po’ scettico, anzi non gli piaceva proprio. Ma poi con il passare dei giorni, vedendo che quel nome era una bimba bellissima, era sua sorella, ha iniziato ad amarlo, come ama lei. Si perché lui ora è il fratello maggiore. Era il 21 luglio quando è nata Andrea, e mancavano pochi minuti a mezzo giorno (11:48). Oggi sono 21 giorni che sei nata. Tre settimane. Per me è un’esperienza insolita. Iniziare di nuovo con pannolini, poppate, notti in bianco e ruttini, non lo nascondo, un po’ mi preoccupava. Dovermi dividere tra fare il padre di un adolescente e il padre di una neonata, è una prospettiva che mi ha fatto passare parecchie notti a fissare il soffitto. Ma poi pensavo che una figlia fatta con la persona che si ama è il dono più bello che un uomo possa ricevere. E allora riprendevo sonno. Una figlia a 44 anni, ho scoperto in questi pochi giorni, ti rimette al mondo. Tutti i problemi che ho, che abbiamo. Tutto lo sporco della vita. Tutto quello che subiamo consapevolmente o inconsapevolmente, diventa improvvisamente sopportabile. Lo avevo dimenticato. I figli sono la cura per ogni male. Non sono un problema, sono la soluzione. Andrea mi sta aiutando a riscoprire tante cose e anche Filippo ne trarrà vantaggio. L’attenzione ai dettagli, ai momenti. Lo scorso week end Filippo è venuto a casa nostra, e mi sono riscoperto a sorridere mentre lo guardavo dormire. Ho passato delle ore guardandolo dormire da piccolo, e ne passerò tante anche con Andrea. Questa è una delle tante cose che Andrea mi ha fatto riscoprire. Cosa c’è di più bello che vedere i propri figli dormire. E’ l’essenza di tutto. Io lo avevo dimenticato. Il sonno è uno dei momenti in cui sono impotenti, sono indifesi, e un genitore ha la sensazione di poterli proteggere da tutto e da tutti. Certo che guardare una bimba di 52 centimetri e un bimbo di 180 ti fa una certa sensazione. Ma pensare che Andrea avrà anche lui, il fratello, mi rasserena. Sono proprio felice che sei arrivata piccolina mia. Sono felice perché la tua mamma è morta di fatica, tra le mille cose che deve fare, ma poi basta un tuo sorrisino, e tutta la sua stanchezza svanisce. Sono felice perché la fotografia che ho in mente da 21 giorni è quella di Filippo che ti prende in braccio, ti guarda con lo sguardo sognante e tu Andrea, non so quanto inconsapevolmente, ricambi quello sguardo con l’ammirazione che solo l’amore di un fratello riesce a darti. Sembrano le farneticazioni di un padre innamorato, ma non lo sono. Grazie Andrea per essere arrivata. Grazie da Mamma, Filippo e papà.
Lettera a mio figlio.
Ciao figlio mio, ti scrivo perché ho paura delle tue paure. Non posso non constatare che sei un bimbo, o meglio un adolescente: sveglio, intelligente, sano e bello come il sole. Sono fiero di te. Qualunque padre sarebbe fiero di te. Sono fiero dei tuoi successi e sono fiero anche dei tuoi insuccessi. Non sono preoccupato quando cadi perché so che l’uomo che sarai saprà rialzarsi da solo. Sto facendo in modo che tu abbia questa forza. Pensa figlio mio che la preoccupazione che ho io, come padre, è quella di essere all’altezza del mio ruolo. Ricordati figlio mio, tutti cadiamo, tutti soffriamo, ma l’importante è sempre come ci si rialza. Io ci sarò sempre per te, ma te dovrai essere in grado di prendere di petto la vita, anche quando io non ci sarò più. Sono orgoglioso di te, e mi vanto con tutti, di quello che sei, di come sei. A volte penso anche di essere noioso. Spesso penso che sei anche troppo per me. Ti guardo e non capisco come abbia mai fatto la natura a farti proprio come io ti avrei voluto. Ho l’impressione, guardandoti, che sei proprio come ti sognavo quando eri poco più di un pensiero. Sei cresciuto. Quando mi capita di scorrere le tue foto mi sembra che il tempo sia volato, e che quel bimbo riccioluto e sorridente sia diventato il ragazzo alto, fiero e forte che oggi ho davanti, sia diventato così in un giorno. So che dentro hai tante di quelle potenzialità, che per esprimerle dovresti vivere cinque vite. Spero solo che te ne renda conto fino in fondo. Ora stai entrando in un’età particolare. Stai iniziando ad affrontare la vita con tutte le sue sfaccettature. Quelle belle e quelle brutte. Stai iniziando ad avere i primi problemi: il brutto voto, la materia che non entra proprio in testa, la ragazza di cui pensi essere perdutamente innamorato, quello che pensavi essere un tuo amico che ti tradisce per niente, il voler assecondare le aspettative di chi ti vuole bene. Dovrai subire ancora tante delusioni. Dovrai vivere ancora tante gioie. Ma se oggi i problemi ti sembrano montagne insormontabili, domani, riguardandoli, ti sembreranno sassolini che ti sei tolto dalle scarpe. Sei nell’età in cui fuori sei un adulto, ma dentro vorresti ancora credere a babbo Natale. Amore mio la vita è bella.
E’ bella anche nelle sue difficoltà. Ma papà ci sarà. Se un giorno avrai voglia di piangere, io sarò li a raccogliere le tue lacrime. Se avessi voglia di parlarmi, di raccontarmi quello che provi, io sarò li ad ascoltarti. Il mio amore per te non potrà mai essere meno dell’infinito. L’infinito è l’unità di misura di quanto un genitore ama il proprio figlio. Avere un’altro figlio, per un genitore, significa che l’infinito si moltiplica. Non devi avere paura figlio mio. Perché le tue paure sono le mie. Avere una sorella non sarà mai una sottrazione. Avere una sorella, per chi ha il tuo cuore, sarà una moltiplicazione. Ti voglio bene figlio mio, e te ne vorrà tanto anche tua sorella. Devi ricordarti solo questo, tutto il resto non ha importanza.
I numeri della Juventus.
Guarda la versione animata su: Gazzabet
Birdman, e i punti di vista familiari.
Ieri sera siamo andati a vedere Birdman. Daniela, Filippo e io avevamo voglia di una serata al cinema e Birdman ci è sembrata la scelta giusta. Il film è surreale, innovativo, geniale e decisamente intelligente. La telecamera che riprende in continuo, tecnicamente: lungo piano sequenza. Una batteria a scandire il ritmo del film e che compone, quasi per intero, la colonna sonora del film. Aspetti tecnici che rendono il film unico e coraggioso. La trama è, apparentemente, molto semplice, quasi banale. Un attore che negli anni novanta ha un immenso successo interpretando unsupereroe: Birdman, è alle prese con una crisi esistenziale, che si manifesta in tutta la sua forza nella messa in scena di uno spettacolo teatrale di Broadway. Elaborato, ma evidente, il parallelismo tra l’attore, personaggio del film: Riggan Thomson e l’attore che lo interpreta: Micheal Keaton. Oltre alla carriera molto turbolenta di entrambi, un’altra analogia sta nel ruolo che li ha resi celebri: Birdman nel film, Batman nella realtà. Uomo uccello nel film, pipistrello nella realtà. Entrambi toccano l’apice della carriera nel 1992, anno in cui escono entrambi i film: quello di fantasia, e quello nella realtà. I successivi fallimenti, o comunque la controversa carriera di entrambi danno un tocco biografico al film. Senza entrare nel merito della trama, che prevederebbe di estendere la discussione: alla depressione, al visione della vita secondo con gli occhi della fantasia, al rapporto padre figlia, alla disquisizione sulla differenza tra essere attori oppure una celebrità, mi è piaciuto molto il dibattito che si è, autonomamente, aperto mentre tornavamo a casa. Daniela ha subito colto l’analogia con Batman, cosa che, sinceramente ne io, ne Filippo avevamo colto; Filippo ha avuto una lettura del film molto incentrata sulla fantasia del personaggio, che riteneva di avere gli stessi superpoteri dell’uomo uccello. Ha anche paragonato questo personaggio a Walter Mitty, altro visionario personaggio che fa un viaggio incredibile alla caccia di un negativo fotografico, mentre la rivista per cui lavora, Life, sta per chiudere, o quasi. E’sempre affascinante analizzare come la mente delle persone si attiva. Lo stimolo può essere lo stesso, ma: il carattere, il vissuto, la sensibilità di ognuno di noi ci fa vedere la stessa cosa con delle prospettive totalmente diverse. Ieri il percorso dal cinema a casa è stato molto formativo. Un ragazzo di tredici anni che analizzava, con gli strumenti che la vita gli ha messo a disposizione sino ad oggi, un film. L’analisi è stata lucida e ammetto che lui ha notato delle cose che io non avevo notato, mentre non si è soffermato su dei punti che io invece avevo colto, ma solo perché la mente di un adulto è molto più deviata, corrotta. Daniela ha visto tutt’altro. Giusto anch’esso, ma tutt’altro. Ieri mi sono perso nel sentire quelle analisi è stato bello. Un attimo di affascinante banalità, ma che mi ha fatto capire tante piccole cose. Forse questo film ha proprio questo scopo. Dare ad ognuno di noi una visione sulle nostre fantasie, le nostre paure, nel capire che non è mai troppo tardi per recuperare un rapporto con un figlio, un genitore, nell’affrontare la vita liberandoci del superfluo e puntando solo all’essenza. Quanto corriamo, quanto ci affanniamo per ritrovarci, in alcuni momenti, a fare i conti con una vocina interna che ci ricorda quello che abbiamo sbagliato e quanto siamo provvisori. Un film con una fortissima carica psicologica messa su pellicola con estrema maestria. Tutti i premi che ha visto sono assolutamente meritati, e forse, dico forse, avrebbe potuto vincere Michael Keaton. Per alcune scene, e per il linguaggio molto poco schermato, non è adatto ad un pubblico giovanissimo. Se anche il cinema, in qualche modo, è un forma di arte, questo film si può riassumere come un trattato sulla psicologia applicata alla vita di oggi.
Non sono Charlie.
E’ passato qualche giorno ma le vittime della redazione di Charlie Hebdo sono ancora impresse nella memoria di tutti. Sono impresse anche la rabbia e la condanna per gesti così infami. La vita di tutti e sacra e a nessuno è permesso portala via. E’ impresso il corteo pieno di gente e di politici che ha attraversato le vie di Parigi, è emozionante vedere sfilare tante persone accomunate da uno stesso ideale. Ma qual’è questo ideale? Ho pensato tanto a quanto è successo e chiaramente non sono d’accordo mai con chi uccide, sia esso mussulmano, cattolico o laico. Non sono mai d’accordo sulla violenza, ne come vendetta, ne come metodologia per esportare democrazia. Non sono mai d’accordo con la guerra, perché se si va in guerra ci si fanno dei nemici, e i nemici poi possono vendicarsi. Non sono
d’accordo neanche con la satira fatta tanto per fare. Soprattutto con quella satira che se la prende con tutti e con nessuno. La satira deve essere un baluardo della libertà, in particolare della libertà di espressione. Deve essere utilizzate con intelligenza. Perché la satira è intelligenza. Non dovrebbe mai essere offensiva. Irriverente si, offensiva no. La satira può scherzare su un politico che prende la mazzetta; su un imprenditore che porta fuori della sua nazione la sua azienda; può sfottere un calciatore che se la prende con la sua nazionale; ma ci sono cose sulle quali non si dovrebbe scherzare mai, perché lo scherzo per qualcuno potrebbe diventare un’offesa per qualcun’altro. La sessualità di una persona, le imperfezioni fisiche, il credo, la religione, ma anche altri argomenti dovrebbero essere lasciati fuori. Per quale motivo insegnano ai nostri figli, nelle scuole, ad integrarsi e ad integrare altri bambini a dispetto del colore della pelle, della razza e della religione, e poi qualche adulto ritiene di dover difendere il diritto alla libera espressione. Dove per libera espressione s’intende dire quello che si vuole, senza limiti o restrizione alcuna. Qualche adulto rivendica il diritto alla blasfemia. Cosa si vuole bestemmiare? Se credi in Dio non bestemmi, se non ci credi, perché bestemmiare il Dio di qualcun’altro? La libertà di ognuno di noi, deve finire dove inizia quella del prossimo. Personalmente sentire una persona che a fianco a me bestemmia mi da fastidio. E se poi il Papa sottolinea che, da essere umano, un’offesa alla mamma può provocare lo schiaffo del figlio, perché c’indignamo? Perché troviamo strumentale le parole di un uomo, anche se Papa, che per metafora fa capire qualcosa di ovvio? Non sono uno di quelli che pensa che se la sono cercata, non giustifico gli attentati di Parigi, ma penso anche che nella vita bisogna avere rispetto e nella redazione di Charlie Hebdo, molto spesso, non hanno rispettato il
prossimo. Non è la prima volta di Charlie. Mi ricordo di alcune vignette a sfondo antisemitico che hanno portato il licenziamento del direttore di allora. Mi ricordo di alcune vignette che avevano come vittime i gay. Mi ricordo anche di alcune vignette contro l’Italia. Certo la reazione non è stata quella di uccidere chi le aveva disegnate, ma io non mi sentivo Charlie allora, e non mi sento Charlie adesso. Ho pregato per i morti, perché ingiustamente uccisi, ma non voglio essere ipocrita. Se mio figlio offendesse qualcuno facendo dei disegni dissacratori, gli spiegherei che offendere le persone è sbagliato. Non si fa. Se poi lo dovesse rifare lo punirei. Ecco cosa voleva intendere il papa. Bisogna essere responsabili delle proprie azioni. Bisogna essere attenti a non urtare la suscettibilità del prossimo. Bisogna smetterla di sfottere le religioni, anche perché, ritengo che la religione, quella vera, sia essa: cattolica, ebrea, mussulmana, o qualsiasi altra, non predica la morte o la vendetta. Chi ha ucciso a Parigi, e prima in altre parti del mondo, non ha ucciso per la religione o perché comandata da essa, ha ucciso per altri fini, per altri scopi. Io non sono Charlie, perché penso con la mia testa. So distinguere tra ciò che è giusto, e quello che non lo è. Uccidere non è giusto; provocare non è giusto; irridere non è giusto; farsi strumentalizzare non è giusto; vendere tremilioni di copie di un giornale, quando normalmente ne vendeva quindicimila, non è giusto.