Kobe Bryant 23.08.1978 – 26.01.2020

la-sp-kobe-bryant-frustration-20130413-001Qualcuno disse: “gli uomini muoiono, le leggende vivranno per sempre”. Kobe Bryant per me, ma non solo per me, era uno di quegli uomini che, almeno apparentemente ha fatto sempre la cosa giusta al momento giusto. Cresciuto in Italia, il papà era un apprezzato giocatore di basket, è poi volato otre oceano per fare il college. Giocatore dominante dei Los Angeles Lakers, i miei Lakers, insieme a Shaquille O’Neill. Ha vinto 5 volte il campionato NBA e per due volte è stato MVP delle finals e una volta MVP della regular season. Il suo soprannome era Black Mamba. Mai nessun soprannome è stato così azzeccato. Era letale in campo secondo, per me, solo a Michael Jordan. Un esempio per chi ha mai messo piede in un campo da Basket. Non riesco a darmi pace. Morire così, a 41 anni lasciando moglie e figli rimanendo vittima di un incidente in elicottero. Ad aggravare la situazione, come se non bastasse, questa brutta vicenda si è portata via anche la figlia di soli 13 anni. Sono senza parole. Solo stamattina Lebron James aveva ricevuto i suoi complimenti per essere stato superato dal 23 dei Lakers nella classifica dei marcatori di tutti i tempi. Che la terra ti sia lieve Kobe, rimarrai sempre nei nostri cuori, le leggende non muoiono mai.

Balotelli.

Sento tanto parlare di quello che è successo a Verona, nell’ultima partita di sera A. Cori razzisti, come purtroppo se ne sento tanti negli stadi. Io non penso che in Italia ci sia il razzismo, quello vero. Penso che in Italia ci sia tanta voglia di trovare un senso. Il senso di cosa significa essere Italiani. Non si può essere razzisti se non si ha un orgoglio nazionale. 144403410-0081ede0-16a9-4f73-afdb-4873e7c3d53cE noi non lo abbiamo. E’ tutta una cazzata il nostro orgoglio di patria. Noi non siamo come gli Stati Uniti, dove espongono una bandiera fuori ogni casa. Noi non siamo come i Tedeschi, che per il loro amore della razza hanno fatto una guerra globale. Noi non siamo come i britannici che con il loro amore di patria hanno colonizzato tutto il mondo. Noi siamo Italiani, spesso non ci sentiamo appartenenti neanche al nostro condominio. Siamo estrosi, stravaganti, fantasiosi, ma soprattutto individualisti. Essere individualisti, in buona sostanza significa fregarsene un pò di tutti. Per questo noi non siamo razzisti. Ci giochiamo, ma non lo siamo. In fondo siamo tutti pò pecoroni. Proprio perchè siamo pecoroni, qualche imbecille allo stadio pensa bene di fare dei cori da imbecille. Ma serve solo ad avere qualche secondo di notorietà. Questo non significa che un popolo, una nazione, sia razzista. Però, c’è un però, quando vedo Balotelli, io non vedo un nero. Io vedo un nero antipatico. E la discriminante, ovviamente, non è essere nero, è essere antipatico. Un nero antipatico pervaso da un vittimismo cosmico peggio di Leopardi. Tutto il mondo ce l’ha con lui. Ma il Mario nazionale, che nasce con delle doti che, forse, neanche Baggio aveva, dovrebbe pensare: non che il mondo non è che ce l’abbia con lui, ma che semplicemente lui è un giovane calciatore viziato. Tutto qui. Che poi sia nero, non interessa a nessuno o comunque a pochi imbecilli. E’ insopportabile, ma il suo colore non centra nulla.

Senza speranze(??)

46939147_2529809780378881_7684592607405539328_nNon so mai giudicare se provo più gioia vedere vincere la Juventus contro la Fiorentina, o piuttosto contro altre squadre. Debbo confessare però che, insieme al Napoli, vincere contro i viola mi crea un certo senso di benessere e soddisfazione. Certo lo so, la Juventus suscita odio in chi non parteggia per lei. Non è una squadra che rimane simpatica. Non è una squadra che lascia indifferenti. Mai detto più calzante di quello che recita: “o la ami, o la odi“. Quello che ho letto ieri però, lascia di senza parole. Certamente opera di pochi cretini, che con la scusa del tifo, del calcio o dell’odio, riescono a scendere a livelli di bassezza infiniti. Ricordare con degli insulti i morti del Heysel e Gaetano Scirea, è un monumento all’imbecillità umana. Dovrebbero i tifosi viola, quelli veri, prenderne le distanze. A me non verrebbe mai in mente d’insultare Davide Astori, o gli altri morti della Fiorentina, solo per puro odio, che comunque so  essere solo frustrazione all’ennesima potenza. Il 5 marzo ho sofferto, come tutti i tifosi italiani, per la prematura scomparsa di un ragazzo fantastico, un talento del calcio che, guarda caso, giocava con la Fiorentina ( Davide Astori 7 gennaio 1987 – 5 marzo 2018 ). Faccio ancora fatica oggi a non ricordarlo, e ieri, quando Giorgio Chiellini è andato a deporre un mazzo di fiori in sua memoria, debbo confessare di essermi commosso. So di non vivere in un mondo perfetto e forse neanche lo voglio, ma non mi piace neanche vivere in un mondo senza limiti. Anche gli insulti non debbono valicare i confini del rispetto per i defunti. Non mi piace che i miei figli possano leggere cose come quelle che ho letto io ieri. Torniamo a dare al calcio, allo sport la giusta importanza nella nostra vita. Facciamone tanto, perché fa bene. Andiamo a vedere, con spirito positivo, i nostri figli che lo praticano, perchè è importante che noi viviamo con loro questi momenti. Prendiamo posizione su fatti gravi come quelli successi ieri perchè, solo isolando questi bastardi, facendoli sentire soli, forse riusciremo tutti a goderci la parte sana di tutti gli sport, che prevede, ovviamente, anche del sano e goliardico sfottò.

Torino si, Roma no.

Roma_Olimpiadi-LogoQuesta è una cosa che a me fa impazzire. Mi piace lo sport e penso che le olimpiadi ne siano la massima espressione. Le Olimpiadi sono è la prova che c’è qualcosa di buono nel mondo. Dentro un’olimpiade ci sono storie, ci sono fatiche, ci sono sogni, c’è una concentrazione di tutto quanto, chi è appassionato di sport, possa desiderare. Si passa dal tennis all’atletica; dal calcio al basket; dal nuoto alla scherma. In poca distanza si concentrano una quantità di atleti incredibile. Poi c’è quello che viene chiamato lo spirito Olimpico. Una percezione intangibile ma che si respira nell’aria. L’ho potuta annusare a Torino, nel corso delle Olimpiadi invernali del 2006. Ognuno di noi ha un ricordo Olimpico. Il mio è l’oro Olimpico di Alberto Cova a Los Angeles, nel 1984. Quell’Olimpiade l’ho vista quasi tutta con mio zio Luciano. Intorno all’organizzazione di un’Olimpiade ovviamente girano: soldi, affari, corruzione. A Roma abbiamo avuto la possibilità di poter ospitare le Olimpiadi del 2024. Nulla di scontato, ma, con buona probabilità avremmo potuto spuntarla contro altrettanto agguerrite città ospitanti. Questo avrebbe comportato un miglioramento degli impianti sportivi, quasi tutti vetusti; un ammodernamento di strade, arterie e mezzi pubblici, che avrebbero dovuto facilitare i collegamenti con gli impianti che avrebbero ospitato gli eventi; un indiscutibile indotto economico, mosso dal turismo sportivo e non solo. L’attuale amministrazione comunale ha preferito non partecipare. La motivazione? Troppi soldi avrebbero generato corruzione e malaffare. A me è sembrato da subito una stupidaggine pazzesca. Di politica, si sa, ci capisco poco; di economia, ancora meno, ma vedermi sfumare sotto gli occhi la possibilità di gustarmi qualche bella partita di basket con parecchi giocatori provenienti dalla NBA, mi ha urtato. Ha infastidito anche Filippo al quale ho faticato tanto a spiegare il perchè Roma si sia ritirata. C’ho messo un pò, ma alla fine me ne sono fatto una ragione. Il paese nel frattempo si è spaccato in due grosse scuole di pensiero: quella che asseriva che sarebbe stato giusto farli; quella che ritiene che hanno fatto bene a non farli fare. Non si è ancora spento l’eco di quella declinazione, che, notizia di qualche giorno fa, Torino candidata alle olimpiadi invernali del 2026. Amministrazione guidata dallo stesso movimento politico, decisione diametralmente opposta. A Roma non si sono fatte, a Torino, sembrerebbe essere, una grossa opportunità. Ovviamente ho le mie idee e penso che chi si candida a governare: un paese, una città, una nazione o l’universo, debba essere in grado di farlo. Non si possono buttare nel cestino, per non dire un altro posto, opportunità di crescita e di sviluppo perchè non ci si sente in grado di gestire un processo, anche se complicato, come quello dell’organizzazione di un’olimpiade. Ma di due l’uno: o era giusto che Roma partecipasse all’assegnazione della sede per il 2024, oppure è sbagliato che Torino si candi per le olimpiadi invernali del 2026. Un pò di coerenza non guasterebbe. So già però che anche questa sarà una domanda senza risposta.

Davide Astori, 7 gennaio 1987 – 5 marzo 2017.

astori_modificato-1-640x420.jpgNon lo conoscevo di persona, ma ne ho sempre apprezzato la classe, dentro e fuori dal campo, la professionalità e quella sensazione di persona normale, con una famiglia normale e una vita normale. Di solito i calciatori vengono visti un po’ come persone al di sopra di tutti noi, un po’ come delle divinità greche che, dall’alto dell’Olimpo in cui vivono, fanno una vita che sembra irraggiungibile. Sono spesso al centro della cronaca, del gossip. Lui no, Davide e la sua famiglia finiscono sui giornali solo per le prestazioni sportive di Davide o per i trasferimenti di quest’ultimo. La sua carriera da professionista inizia da Cagliari. Da subito si mette in evidenza per l’enorme classe. Dal Cagliari passa alla Roma in un’estate che lo aveva visto molto vicino alla mia amata Juve. A Roma gioca bene, ma non brilla. Nel 2015 passa alla Fiorentina dove diventerà il capitano a seguito della partenza di Rodriguez. Una carriera tranquilla, coronata da molte presenze in nazionale. Una vita tranquilla, spezzata ieri in un albergo di Udine. Morto in silenzio come ha vissuto. Morto durante la notte e neanche il compagno di stanza se n’è reso conto. Quasi a non volerlo disturbare. Lascia una moglie bellissima e una bimba piccolissima. Mi ha turbato la sua morte. Mi ha fatto ridestare dalla velocità con la quale le cose possono cambiare. Mi ha fatto riflettere su come tutto possa finire senza un reale motivo. La vita è questo, è vero, ma quando ci si trova davanti ad un giovane che muore così, il mio cervello elabora una marea di domande. Tutte domande alle quali non so dare risposta e non so neanche se esistano risposte. Il senso della vita è davvero questo fuggire quotidiano? E’ davvero la nostra mancanza di percezione del tempo che passa e che non tornerà più? Stamattina mi sono svegliato con mia figlia nel letto. Ho potuto godermi 5 minuti di quella faccia d’angelo che dormiva beata, così indifesa, così bisognosa di protezione, alla quale però, mi sono sentito di fargli la solenne promessa che ci sarò quando avrà bisogno di me. Non ho potuto promettergli che il suo “papone”, come mi chiama lei, sarà li ad asciugargli i “lacrimoni” che inevitabilmente solcheranno le sue guance. Che sarò li a condividere le sue gioie. Purtroppo ci sarò fino a quando ci sarò. Davide, mi hai fatto riflettere, mi hai fatto piangere, pur non conoscendoti, e di questo ti ringrazio. Possa il tuo viaggio essere lieve e proteggi le persone che ami e che sei stato costretto a lasciare qui, ovunque tu stia andando.

L’Addio di Totti visto da uno juventino.

1691009-35818660-2560-1440E’ banale, ma se si è appassionati di uno sport ci si appassiona anche agli attori principali. Ieri si è chiuso un capitolo e mi sono ritrovato a commuovermi anche io vedendo quello stadio pieno; mi sono commosso anche io guardando quel ragazzo con gli occhi lucidi e la famiglia al seguito che salutava il suo pubblico; mi sono commosso anche io a sentire quelle parole cariche di sentimento, di passione, di pathos. Mi sono commosso all’ultima partita di Alessandro Del Piero, e mi sono commosso ieri per il saluto di Francesco Totti. Vedere quel ragazzone nato da una famiglia modesta, che ha coronato il sogno di una vita dire di: “avere paura”, si mi ha commosso. E’ stato un grande campione, che ha avuto l’enorme merito, o l’immensa debolezza, di giocare per 25 stagioni con la stessa squadra essendone, e diventandone, l’artefice principale sia dei successi, che degli insuccessi. Comunque la si vede, è stato sportivamente un gigante assoluto. Astuto e intelligente in campo; astuto e intelligente nella vita. E’ sempre riuscito a far fruttare al meglio, nel rettangolo di gioco, le proprie qualità e ad azzerare le proprie debolezze; la stessa cosa ha fatto nella vita. Mi racconta chi lo conosce di come sia un uomo impagabile; mi raccontano i suoi avversari che in campo non aveva il minimo fair play. Eroe per qualcuno, il contrario per qualcun’altro. Finito tutto il turbinio di emozioni però ho riflettuto su quanto invece questo ragazzo sia stato fortunato. E’ riuscito a massimizzare, forse, l’unica vera occasione che la vita gli ha fornito. E ora è un quarantunenne: ricco, bello e senza nessun problema apparente. Può godersi il resto della sua esistenza in assoluta tranquillità e serenità, godendosi famiglia e ricchezza. Continuerà a guadagnare una valanga di soldi, semplicemente firmando autografi, o partecipando a qualche trasmissione, oppure mettendo la propria immagine a disposizione per questo o quel brand sportivo. Ad un tratto mi è passata la commozione. Ho improvvisamente trovato strano vedere tutta quella gente che piangeva e si emozionava. Ho percepito chiaramente che la sua forza, la sua ricchezza, sono proprio le nostre emozioni. Sicuramente è un ragazzo che merita umanamente, come meritano altri campioni che ho visto congedarsi dai loro sport. Mi ricordo: Del Piero, Michael Jordan, Kobe Briant. Ma se li osservo ora, vedo solo i loro grandi gesti sportivi, non riesco ad emozionarmi per altro. Il tempo rende sempre la giusta dimensione delle cose. Forse fra qualche mese, o forse fra qualche settimana, quello che abbiamo provato per l’addio di colui che abbiamo reso noi una specie di divinità, ci farà sorridere. Un pò come quando vediamo un bel film e poi ci commuoviamo. A ripensarci dopo qualche tempo ci sentiamo un pò stupidi. Questo però non deve mettere in dubbio il fatto che Francesco Totti sia stato uno dei più grandi campioni di tutti i tempi. Ma a ripensarci un pò a mente fredda, sarebbe il caso che ci emozionassimo per cose per le quali valga veramente la pena. E’ vero, sono juventino, ma l’addio di un calciatore, anche il miglior calciatore, dovrebbe essere catalogato nelle cose “banali”, non decisamente tra quelle importanti nella nostra vita. E’ lecito emozionarsi, ma non è lui che deve avere paura. A lui il fato ha dato un’occasione che solo a pochi eletti è permessa. Noi possiamo avere paura, noi abitanti della vita di tutti i giorni. A noi solo deve essere concesso avere paura.

I numeri della Juventus.

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Lo sport è anche questo: il sogno di Lauren Hill.

Lauren_Hill_Indiana_Fever_1414850529424_9407534_ver1.0_640_480Bellissimo gesto, bellissima iniziativa. Lauren Hill è una ragazza malata di tumore al cervello, e, secondo i medici, morirà entro Natale. Il suo più grande sogno era quello di giocare una partita di basket nella Wnba, la NBA femminile. Non solo è riuscita a coronare questo sogno, ma ha anche segnato un canestro. L’affetto di tutto il pubblico, di tutte le sue compagne di squadra, sta commuovendo tutto il mondo. Nonostante la nausea derivante dai farmaci, il viso visibilmente gonfio, ha voluto lasciare a tutti un sorriso felice, prima dell’inevitabile. Sono sempre più convinto, come mi dice sempre il mio Socio/Amico Giancarlo “the President”, che: “le cose importanti sono altre”…sono queste”. Tutto il resto si risolve. Mi piace anche citare che, intorno a questa iniziativa, è stata organizzata una campagna legata ai social network, che ha fatto raccogliere oltre 40.000€, Questi soldi, sono stati devoluti alla ricerca. Il nome della campagna è: #1More4Lauren.

Conte…il miracolo Italiano.

Antonio-ConteE’ tanto tempo che non scrivo, forse troppo, ma oggi quando ho letto del “miracolo italiano” non ho resistito. L’ho difeso in passato, l’ho tifato, l’ho ammirato, e probabilmente in futuro continuerò a farlo, ma ci sono delle cose che non capisco. O forse è meglio non capire. Facciamo un passo indietro, anzi due. Negli ultimi tre campionati, al di la di quello che possono dire i detrattori, la Juventus ha vinto meritatamente i tre scudetti. La gran parte del merito è stato sicuramente di Antonio Conte che, in un ambiente ottimale e con una squadra competitiva, è riuscito a fare il miracolo. Quello si che è stato un miracolo. Non dobbiamo neanche dimenticare però che la Juventus ha difeso il suo allenatore anche quando, squalificato, non poteva sedere in panchina. Sono stati tre anni fantastici, forse è mancato un successo europeo, ma è andata bene così. Mentre tutti ci preparavamo a fare le valigie per le vacanze, con un tempismo degno di un cronografo svizzero, immediatamente dopo le dimissioni di Prandelli, Conte si è dimesso da allenatore della Juventus. Più che dimissioni è sembrata una vera e propria fuga da Torino, lasciando la squadra a preparazione iniziata e con i nazionali (quindi anche il capitano e i così detti senatori) in ferie. Questo non è stato un comportamento degno dell’uomo che ha dato tanto alla Juve, ma che ha ricevuto anche moltissimo. Con questi presupposti, io non avrei mai chiamato un allenatore a rappresentare l’Italia. Abbiamo bisogno di guide, di esempi, e lui, al di la dei meriti sportivi, non lo è stato. Non pago, il suo stipendio sarà di quasi 4 milioni di euro. Una cifra spropositata, a mio modo di vedere, in un’Italia che stenta a stare a galla. Penso che eticamente non sia un bel esempio. Penso che eticamente: che i soldi arrivino dalla federazione o dagli sponsor, non si può pagare un allenatore quelle cifre. Sono quasi sicuro che farà bene. Sono quasi sicuro che metterà tutta la sua professionalità a disposizione della Nazionale Italiana, ma il prezzo che stiamo pagando, e non penso ai soldi, forse è veramente troppo. Forse tante altre persone smetteranno di guardare la nazionale…..o forse no….dimentico sempre che siamo in Italia….la domanda che continua a ronzarmi nella testa è: ma dov’è questo miracolo italiano?

Striscioni Ignobili

Articolo TorinoLo dico da Juventino, lo dico da sportivo: a me quegli striscioni esposti nel derby non sono andati proprio giù. Cosa centra andarsela a riprendere con i morti. Cosa centra rimettere in mezzo il dolore di tante persone, di una nazione intera, rimettere in mezzo una tragedia come quella di Superga per fare il tifo alla propria squadra. Bene ha fatto la dirigenza della Juvve, a prendere le distanze. Purtroppo il tifo negli stadi è uno spaccato della nostra società. Chi ha ordito una stupidaggine del genere, lo ha fatto solo per avere un po’ di pubblicità sui mass media. Lo ha fatto solo per poter dire: quello striscione era il mio. Sta di fatto che in quell’incidente morirono tanti campioni, tanti uomini che hanno lasciato figli e mogli e mamme e padri, e vanno solo ricordati e onorati. Quel Torino, se veramente vogliamo parlare di sport, ha fatto grande l’Italia in Europa. Dobbiamo sempre ricordare che non siamo tutti uguali. Ritengo che, la stragrande maggioranza del tifo juventino non ha apprezzato quegli striscioni. Ritengo che la stragrande maggioranza dei tifosi, in tutta Italia, è stanca delle prodezze di pochi imbecilli. E’ ora che iniziamo a dirlo.