Questa mattina ho pensato a quanto possa essere bello, una volta alla settimana (per ora), poter passare una serata spensierata con gli amici. Poter avere con loro un interesse comune, il rugby, e poi poter trascorrere qualche ora tra risate, battute o discussioni anche semi serie. Poter sfottere e farsi sfottere, senza nessun secondo fine, senza dover stare attento se quello che viene detto possa essere frainteso. La vita, per tutti, è dura. Tutti noi dobbiamo confrontarci con mille problemi. E, come è noto: i parenti ce li troviamo, mentre gli amici li scegliamo. Ho frequentato ambienti in cui, infimi personaggi, ordivano complotti degni del reame di Enrico VIII; ho frequentato persone che, con la scusa del rugby, non facevano che sparlare di questo o di quell’altro, fermo poi farci le vacanze insieme; ho visto scene che in confronto , un bimbo di 10 anni sembrava Matusalemme; e poi l’invidia. Che brutto sentimento l’invidia. Ho conosciuto persone, che con la scusa del rugby, erano costrette a frequentare dei compagni di squadra che avrebbero ucciso per invidia. Ho frequentato gruppi di persone che, per l’interesse personale, per guadagnare due soldi, sono stati disposti a passare sopra a tutto, e a tutti. E’ nobile fare un passo indietro, allontanarsi da un gruppo di persone negativo, che genera solo acredine e negatività per creare, con coraggio, qualcosa di nuovo che, con lo spirito del volere stare bene insieme e la scusa del rugby, possa accomunare chi ha voglia di: giocare, divertirsi e condividere dei bei momenti. Nessun fenomeno, nessun “nonno”, ma solo un gruppo di persone che si rispettano reciprocamente. E in questo rispetto, viene naturale chiedere consigli a chi sa fare meglio. Questo è il motivo per cui riusciamo a passare delle fantastiche serate, e, ne sono convinto, questo è il motivo per cui diventeremo tantissimi. Grazie ragazzi per averci creduto, e grazie soprattutto a chi non ci avrebbe scommesso un centesimo. Siamo un bel branco, il miglior branco. Semplicemente Lupi.
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Chi ha inventato il Golf?
Fino a ieri sembrava tutto chiaro sulle origini del golf, ma da oggi gli scozzesi potrebbero venire defraudati del titolo d’inventori di questo fantastico sport. E’stato ritrovato, in Cina, un rotolo pittorico risalente ad almeno 500 anni fa, nel quale delle donne giocano con mazze e palle, accompagnate da veri e propri caddies. Questo dipinto, ora in mostra a Londra, dimostra che, dall’altra parte del mondo si giocava, se non proprio a golf, ad uno sport simile, molto prima che in Scozia. Non ci sono però, negli scritti di Marco Polo, accenni alla pratica dell’attuale golf, nella Cina da lui visitata. Gli scozzesi, da canto loro, amano e sanno tenere strette le proprie tradizioni. Le curano, le rispettano. E questo sport, bandito da Giacomo II in quanto, a suo dire, distraeva le truppe dall’addestramento militare, trova le sue origini proprio in Scozia come sport derivante dall’hockey, anche quest’ultimo un sport molto praticato nell’impero di sua maestà. Ci sono però tracce di uno sport simile anche tra gli antichi romani: la paganica. Sono molto confuse le tradizioni e le origini di questo sport, di certo c’è che gli scozzesi dovrebbero imparare, in fatto di modernità, dalla Cina, uno dei popoli più tradizionalisti del mondo. Infatti nel dipinto, come detto sopra, vengono ritratte delle donne che giocano, mentre, ancora oggi, esistono dei club in Scozia che, approposito di tradizioni, permettono alle donne, l’ingresso al green, solo se accompagnate da un uomo.
La Magnalonga…
Ieri si è svolta, come di consueto, la dodicesima edizione della “Magnalonga” a Rocca di Papa. Questa manifestazione, organizzata con il patrocinio del Comune, ha l’intento di coniugare una sana camminata all’aria aperta, ad un’altrettanta sana mangiata. Si è partiti alle 8.30 dalla piazza di Rocca di Papa, ovviamente dopo aver fatto una lauta colazione. Ci siamo letteralmente arrampicati, come stambecchi, tra i vicoli irti di Rocca di Papa. Gli scenari sono sempre suggestivi, anche per chi come me la conosceva molto bene. Eravamo un bel gruppetto di amici, e tra noi c’erano anche le mie due nipoti: Benedetta e Maria Chiara. Moltissimi i bambini, alcuni anche sui passeggini. Il caldo e il sole non si sono fatti attendere e già verso le nove e mezzo, ancora tra i “vicoletti”, eravamo tutti accaldati. Arrivati ai Campi di Annibale mi sembrava di aver camminato una vita, e invece eravamo appena all’inizio. La via Sacra, ha piegato parecchie gambe. Ma gli scorci che abbiamo potuto osservare valevano ogni goccia di sudore. Questa via, che deve questo nome mistico al tempio romano di Giove Laziale che si trovava vicino alla vetta del Monte Cavo, possiede ancora quell’antico fascino. Mi è venuto in mente quanto poteva essere bella la cerimonia che, ogni anno portava sulle pendici di quei monti, Imperatori e Patrizi romani per festeggiare quel Dio così potente. Questa usanza ebbe fine con la costruzione, a Roma, del tempio di Giove Capitolino, sul Campidoglio. Certamente la vista sui due laghi: d’Albano e di Nemi, è d’annoverare tra le bellezze della giornata. Arrivati in cima a Monte Cavo, abbiamo proseguito in direzione Pratoni del Vivaro, e la vista sembrava quella degli altipiani trentini. Ovviamente i sentieri sono organizzati malissimo, ed infatti tutto il gruppo ha dovuto fare dietro front, dopo un errore delle guide. La merenda mattutina, a base di pizza e succo di frutta, è stata una specie di benedizione. Bambini, e non solo, hanno molto apprezzato quella ricreazione così particolare vissuta tra alberi e prati. Altre due ore di cammino ci hanno poi portato ad un’area attrezzata verso via dei Laghi, in prossimità di Nemi. Un bel prato, molti alberi e molti tavoli, hanno potuto ospitare e rifocillare tutti i “maratoneti”. Il gadget che la mattina l’organizzazione aveva fornito ad ogni partecipante è stato un plaid.
L’occasione buona per stenderlo sul prato era arrivata. Il pranzo è stato a base di lasagne, porchetta, salsicce, sformati di patate, tutto condito da del buon vino. Il pasto dell’atleta dire. Dopo pranzo, non solo per me, è arrivato Morfeo a farci visita, e tra le sue braccia, mi ha traghettato in quel limbo che esiste tra: il non essere svegli, e il non ancora dormire. Dove i rumori intorno a te sono ovattati e assapori quel primo sonno che quando finisce ti lascia riposato. Finito lo stato onirico appena descritto, il tempo di due chiacchiere, qualche risata ed è già tempo della “merenda pomeridiana”. Un succo, un biscotto, e ci siamo preparati per fare ritorno a casa. L’unica nota negativa della giornata: la tantissima polvere durante il cammino (la foto con i nostri piedi lo possono testimoniare). E’ sbalorditivo quanto abbiamo perso il contatto con la natura. Una cosa così semplice, una giornata passata in quel paradiso, che sono le nostre colline, è quello che ci vuole per rimetterti al mondo. Peccato che, troppo spesso, ce ne dimentichiamo.
…un pranzo particolare…
E’ un periodo molto particolare. Un po’ per lavoro, un po’ per lontananza, un po’ per l’incastro, non sempre perfetto, delle cose della vita, non riesco a vedere Daniela come vorrei. Oggi mi ero messo in mente di pranzare con lei, a qualunque costo. La capacità che alcune persone hanno di stupirmi è senza limiti. Lei è una di queste persone. Ed è bello essere stupito. Ero, ovviamente in ritardo, e mi è arrivato un sms che recitava, più o meno, così: ” ci vediamo davanti al cinese, penso io alla tua insalata”. Essendo all’EUR, non poteva che essere quello in viale America. Arrivo in moto, lei era già li. Aveva in mano tre buste. In una, ovviamente, la mia insalata, nella seconda il suo riso alla cantonese, e nella terza una coperta ultra-tech, acquistata da Decathlon l’ultima volta che era uscita a
fare compere. Mi stava portando a fare un pic nic sulle sponde del laghetto dell’EUR. A parte scoprire che non eravamo i soli, e che le sponde di quel lago sono vissute come Central Park in estate, mi ha fatto fare una cosa che non facevo da forse 20 anni. Un pic nic. E nel pieno centro della Roma del terziario. Nel giro di un minuto aveva steso la coperta, sistemato il cibo e si era seduta, togliendosi le scarpe. Abbiamo mangiato, chiacchierato, e poi ci siamo sdraiati per un po’. Quanto è stato piacevole chiacchierare, li e così, con quel sole, con quel clima.
Troppo poco tempo però. L’unica nota stonata di quel pranzo è stata il poco tempo. Sarei rimasto sdraiato li tutto il pomeriggio.
Spulciando tra il Web
Passeggiando nello spazio digitale del Web, Fabio, un amico con il quale condivido una serie di passioni, tra cui il rugby, mi ha inviato il link di un articolo molto carino. Si riferisce ad un torneo svolto, presso l’Unione Rugby Capitolina, dai nostri figli. L’articolo e tratto dal sito minirugby.it. Oltre ad essere molto interessante…guardate un po’ chi c’è nell’ultima foto insieme ad Andrea Lo Cicero?
http://www.minirugby.it/tornei-2011-2012/report/4462-al-16-torneo-gabrielli-vince-l-integrazione
Bruges
Lo scorso week end l’ho passato in Belgio. Più precisamente a Bruges, una località a circa un’ora di treno da Bruxelles. Un posto splendido, dove il verde, la pace ed un’ordine, a cui non sono abituato, la fanno da padrona. E’ stato bellissimo perdersi in quei vicoli creati da edifici medioevali, e superare quei ponti sopra a quei canali, le case con le uscite a filo d’acqua. Mi è sembrato di fare un salto indietro di seicento anni. Il rumore degli zoccoli dei cavalli rendeva questo salto ancora più realistico. Ci sono decine di carrozze sulle quali puoi fare il giro della città, e quasi tutte condotte, stranamente, da ragazzine bionde che spiegano in un bell’inglese quello che si sta vedendo. Con Daniela abbiamo deciso di prenotare un Bed and Breakfast non in centro. Sul sito c’era scritto a pochi minuti dal centro, ma non ci aspettavamo nulla del genere. Il paradiso. Siamo entrati da un cancello in un giardino curatissimo, dove alberi ad alto fusto che formavano un boschetto privato, un prato verde e ogni tipo di fiori ci hanno frastornato. Nel mezzo una costruzione del 1600, ristrutturata in ogni sua parte faceva la sua bella mostra. Ci ha accolto Katrien, una gentilissima signora che da subito ci ha messo a disposizione tutta la sua gentilezza e cortesia accompagnandoci sempre con il suo sorriso. La casa anche dentro è bellissima, segno della cura che la stessa Katrein ha messo nell’arredarla. Quando poi chiacchierando scopriamo che lei è un architetto d’interni, tutto torna. Da quello che possiamo vedere è anche brava. C’è una stanza circolare a piano terra di cui Daniela si è innamorata. Quel paradiso si chiama:’t Wit Huys ( http://www.withuys.eu ).
La nostra stanza da letto affacciava sui due lati della casa. Un bosco privato alla fine di un prato verde e ben tenuto da un lato, e dall’altro delle siepi che confinavano con un’altra bella dimora. Una pace indescrivibile. Ma la cosa più bella è stata proprio riscoprirla. Il gusto di ritrovare qualcosa che da tanto non avevo più. Il caos della città, della quotidianità, il lavoro, il traffico, i problemi, tutte cose che ci fanno perdere il gusto di assaporare un po’ di tranquillità. E’ stato bello poter ascoltare il suono del silenzio. Katrien, dopo averci offerto un caffè, ci ha dato due bici, e via! In poco tempo siamo arrivati in centro. Che fascino passeggiare in bici. Eravamo stanchi del viaggio quindi ci siamo accontentati di pedalare un po’ tanto per avere un anticipo di quello che avremmo visto il giorno dopo. Arrivata l’ora di cena abbiamo avuto l’imbarazzo della scelta. I locali per mangiare qualcosa sono tantissimi. Una cenetta romantica e poi a nanna.
Il giorno successivo è stato bello perdersi tra quei vicoli, sorseggiare una Kwak con quello strano bicchiere, cercare un posto dove mangiare delle moulles (cozze) servite in mille modi, la torre della marketz square, da dove si suicida il killer buono nel film “in Bruges”. Il sabato è volato. Prima di ritornare, la domenica, abbiamo voluto fare una capatina a Bruxelles. Abbiamo salutato Katrien, e la sua splendida, casa con quella tristezza che si ha quando ci si separa da una cosa bella, senza sapere se e quando si potrà di nuovo vivere. Bruxelles è città non grandissima, ma passare dalla tranquillità di Bruges al caos di Bruxelles ci ha dato un senso di disorientamento. Non vedevamo l’ora di prendere l’aereo, quasi a volersi portare nel cuore quei momenti che quel paese medioevale, e i suoi canali, ci avevano lasciato. E’ stato proprio un bel week end. Grazie Daniela per trovato quell’angolo di paradiso.