Ieri sentivo il paragone tra quello che stiamo passando noi e la guerra. C’ho riflettuto tanto e proprio non mi trovo d’accordo. Le guerre annientano intere generazioni; cadono palazzi, scuole fabbriche, ponti; gli occhi dei bambini non sono più gli stessi dopo. Le atrocità che si passano in guerra non sono comparabili. Neanche il contraccolpo sull’economia è lo stesso. Noi ce ne stiamo nelle nostre case, al caldo, pieni di tutto. Noi, finita l’emergenza, ritorneremo nei nostri uffici nelle nostre aziende, nelle nostre fabbriche e dovremo solo ripartire. Sarà difficile, ma dovremmo solo preoccuparci di fare fronte comune e ripartire. E’ vero, anche questa maledetta situazione sta facendo tanti morti, ma non è paragonabile ad una guerra. Ieri mi ha chiamato un Amico che non sentivo da tanto, Mauro. Facevamo proprio questo discorso. Mi ha raccontato che la mamma, Anna, ancora oggi, se in televisione passa un film di guerra, gli chiede di cambiare. Quei suoni, quei rumori, gli fanno tornare alla mente dei ricordi troppo brutti da riportare in superficie e, forse, impossibile da seppellire del tutto. Quello che stiamo vivendo noi non è assolutamente paragonabile alla guerra. Certo ci sono persone in difficoltà, tante stanno subendo le conseguenze di questo lockdown. Ma non è una guerra. Un altro dato importante che leggevo stamattina è la velocità di propagazione. In Spagna, negli Stati Uniti, il virus sta raggiungendo delle proporzioni molto preoccupanti. Gli Stati Uniti, forse in settimana, supereranno i numero di morti della Cina. Forse già oggi il numero dei contagi dell’Italia. La Spagna ha una situazione decisamente peggiore della nostra. Molto velocemente ci supererà anche lei per contaminati e per deceduti. Da noi la situazione migliora, ma solo perchè stanno dando i primi risultati le politiche messe in atto e perchè, semplicemente, siamo partiti prima. Riflettevo su un fatto: siamo sempre i peggiori, nella normalità, ma i migliori quando c’è da risolvere una situazione difficile.
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Erich Priebke è morto.
Ha vissuto cento anni. I partenti, i figli, gli amici delle vittime delle fosse Ardeatine hanno dovuto aspettare così tanto per vederlo defunto. E’ vero che per chi crede in Dio il perdono è alla base del loro credo, ma è difficile perdonare un simile atto. Ho visitato le fosse Ardeatine forse alle medie, e ogni volta che passo li davanti ancora sento l’angoscia che ho provato in quella visita. 335 vittime, tra militari e civili, colpevoli solo di essere stati catturati dopo l’ennesima rappresaglia contro i tedeschi che avevano invaso l’Italia. Questo signore è stato arrestato e processato, ma è stato condannato all’ergastolo solo nel 1998. Nel frattempo era fuggito si era rifatto una vita. Tra i vari posti dove ha trascorso la sua reclusione anche il convento dei frati francescani di Frascati. Sempre dotato di scorta, è stato una spesa per i contribuenti. Non solo un assassino, ma anche una peso per la società. So che può essere peccato non perdonare, ma io non l’ho fatto, e non ho alcuna intenzione di farlo. Caro Erich, non riposare in pace, anzi mi auguro che si occupino di te le anime delle persone che hai fatto uccidere. Mi auguro che quello che hai fatto, nella concezione dantesca dell’inferno, ti accompagni per l’eternità con una pena esemplare.