La meritocrazia in Italia, questa sconosciuta.

Certamente è capitato a tutti noi di dover subire delle ingiustizie. Nello sport, nel lavoro, nella vita. Tutti noi abbiamo avuto il raccomandato di turno che ci è passato davanti, per il motivo più stupido e banale. Giorni, mesi, anni d’impegno buttati nel cestino, per non dire nel cesso, da un gesto, quello della raccomandazione, che è proprio della nostra nazione. L’avanzare perché si conosce è un male tutto Italiano, e di qualche altro popolo del terzo mondo. Le conoscenze mettono avanti eserciti d’incapaci, che hanno, spesso, anche ruoli di gestione. Questo stato di cose non aiuta noi a cresere, ne singolarmente, ne come collettività. Se avessimo le giuste informazioni, scopriremmo, a malincuore, che i figli dei politici, di giornalisti, di potenti dirigenti industriali o di banchieri influenti, ricoprono cariche importanti e strategiche nella nostra società. Molto spesso sono anche degli emeriti incapaci. Quando poi queste ingiustizie ti colpiscono da vicino, colpiscono persone che ti sono care, capisci quanto il danno sia anche psicologico. La storia è molto semplice. Una grande azienda ti assume, e all’inizio sembra che tu possa spaccare il mondo. E’ tutto rosa e tu sei semplicemente grato di lavorare per un ambiente così grande, importante. Pensi che quello che te stai dando è niente, rispetto a quanto crescerai professionalmente. Il palazzo è un grattacielo, è grandissimo, anche la mensa ti sembra bellissima. E tu ci metti tutto te stesso. Fai tardi la sera per finire un progetto, t’impegni anche a casa, scatti quando il capo ti chiama. Man mano che vai avanti ti rendi conto che il tuo lavoro, tutto il tuo impegno, non è preso poi così in considerazione. Certo hai delle conferme. Il tuo capo ti dice che sei bravo, ma niente di più. Iniziano a passare i mesi, poi i primi anni. E tutto quell’entusiasmo, pian piano, si spegne. Certo c’è lo stipendio a fine mese, puntualissimo, ma non basta. L’uomo (o anche la donna) non va a lavorare solo per lo stipendio. L’uomo vuole (e deve) sentirsi motivato per produrre. Ti accorgi anche che il tuo stipendio non cresce, mentre tutto intorno a te aumenta. Vorresti una casa tua, vorresti potertela comprare. Iniziano i primi attriti, cambiano i primi capi, inizi a capire che in azienda ci sono delle correnti. Ad un certo punto l’illuminazione. Non è importante cosa si fa, o quanto tempo occorra per far bene il tuo lavoro; è importante chi lo fa. Se fai parte della corrente giusta sei incentivato. Hai l’aumento di stipendio, o i premi produzione. Se fai parte dell’altra corrente fatichi un pò di più ma alla fine qualcosa ottieni. Ma se non fai parte di nessuna corrente, allora sono guai. Sei in mezzo. Ti guardano in cagnesco perchè non capiscono da che parte stai. E anche stare da nessuna parte per loro è un problema. E nel dubbio ti catalogano contro. Quell’azienda che all’inizio sembrava grande, immensa, ad un tratto diventa piccola. E’ come se le tue spalle dovessero tenere le pareti, i soffitti. E’ pesante essere li dentro, e allora anche la mensa non è più così bella. E ogni giorno l’ora di pranzo sembra l’ora d’aria. Ma i problemi non sono ancora arrivati. A forza di assumere raccomandati, presentati da quel politico, o da quell’altro, s’inizia ad essere in troppi. Sulla scrivania sempre meno lavori da fare. E quelle occhiatacce diventano quasi minacce, accuse. E visto che sei contro, vieni messo da parte. Ti dicono di stare tranquillo nessuno ti caccia. Ma l’angoscia aumenta e la tua autostima crolla. Devi reagire. E allora cerchi nel tuo intimo gli stimoli, provi anche a cambiare posto in azienda. Le tue qualità sono indiscusse, ma paradossalmente chi ti vorrebbe fuori dalle scatole ti blocca. Inizi a capire cosa significa: MOBBING. Quel termine anglosassone che pensavi non potesse mai riguardarti. L’unica tua colpa non avere una corrente, non essere raccomandata. Quando ci sei in mezzo, ci sono solo due strade: o farti travolgere dall’angoscia, dall’ansia, oppure reagire. Ricominciare a far vedere quanto vali. Far capire a chi ti sta intorno, che te hai le così dette palle, (anche se sei la più sensuale delle donne). Anche se sai perfettamente che, intorno a te, tutti sanno che sei un fuori classe. Che fuori da quelle mura saresti ben pagato, ma soprattutto apprezzato. Le tue idee, il tuo impegno sarebbe messo a frutto. Peccato che oggi non esista un “fuori da li”. Non esiste più un mercato del lavoro. Esistono solo aziende che falliscono, che licenziano, che spostano la loro produzione all’estero, che generano il precariato, quello brutto. Il paesaggio è quello di una città appena bombardata a tappeto. Devi stringere i denti. Non ci sono alternative ora. Il tuo stimolo deve essere quello stipendio. Quel poco di stipendio che la tua azienda, puntualmente ti paga. La certezza di alzarti la mattina ed avere un posto, che altri vorrebbero anche a meno. Devi difenderlo. E passano altri tre anni. Passi prove dure, e dimostri, ancora mille volte, che te sei capace, sei bravo. E arriva il premio. Sono passati più di dieci anni da quando quegli uffici ti sembravano immensi, e la mensa era bellissima, dieci anni. Mille euro netti di premio. E pensi, ma cavolo è meno di quanto prendo in un mese!!! Tu ti aspetti di più, è poco, anzi niente, ma non ti rendi conto che tu hai vinto. Queste persone non capiscono che tu hai vinto. Li hai battuti sul loro terreno, la motivazione. Ti hanno tolto tutto: la voglia d’impegnarti, il senso di appartenenza, la voglia di creare qualcosa per la tua azienda; ma tu hai vinto. Sei ancora li, a dispetto di chi ti voleva fuori dalle scatole. Sei ancora li, e qualcuno ha ritenuto volerti premiare. Ora non è più in dubbio che te vali. Non si premiano gli incapaci. Ora debbono fare solo i conti con il quanto vali. Tutti sanno che te vali tanto. Lo sa chi ti vuole bene, lo sanno i tuoi colleghi, lo sa anche chi ti detesta, ed è questo che conta. Bisogna solo trovare il modo di farlo certificare. Questo è un patrimonio che in quell’azienda, che non ti merita, ti potrai portare dietro e soprattutto, potrai spenderlo quando vorrai. Hai vinto soprattutto perché non ti sei fatta intimidire. Quei muri, quei soffitti così pesanti non ti hanno schiacciato, e te ne uscirai sempre più forte. Alla faccia di chi ti voleva fuori dalle scatole. Brava!!!

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